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23 Dicembre 2022 - 19:24
Tra il 1861 e il 1869 a centinaia sbarcarono a Civitavecchia
Tra il 1861 e il 1869, nel porto di Civitavecchia sbarcarono centinaia di militari di professione o improvvisati - aristocratici, borghesi, popolani - alcuni esuli da terre italiane, ma in maggioranza emigrati da Francia, Belgio, Spagna, Irlanda, Austria, perfino dagli Stati Uniti. Alcuni di loro si diressero nel Meridione, per sostenere le bande borboniche che ancora combattevano le truppe piemontesi che avevano costretto all’esilio Re Francesco II. Altri rimasero a Roma, per difendere papa Pio X e ciò che rimaneva degli Stati della Chiesa dalla invasione da parte di quelle stesse truppe. Sia gli esuli borbonici che gli emigrati papalini si erano mobilitati per difendere militarmente non tanto la propria Patria in pericolo, quanto un antico principio allora combattuto dal liberalismo europeo: quel principio della legittimità di Governo che, nel caso della monarchia borbonica, aveva origine solo politica, mentre nella monarchia pontificia aveva origine anche religiosa. In concreto, i legittimisti volevano difendere quel “popolo santo” e quel “regale sacerdozio” (1 Pt 2, 9) che fin dall’epoca carolingia era organizzato nella Christianitas. Era cioè in pericolo quella famiglia di regni cristiani, illustrata ad esempio da San Tommaso d’Aquino nel suo famoso De Regimine Principum, e poi giustificata dai teologi della Controriforma nei loro manuali di formazione politico-religiosa rivolti ai sovrani regnanti. Quei coraggiosi difensori delle legittime monarchie cristiane sapevano di non poter contare su aiuti esterni. Le potenze rimaste ufficialmente cattoliche, infatti, non avevano nessuna seria intenzione di difendere quei Regni ingiustamente e slealmente invasi. La Francia, per esempio, prima aveva ostacolato Francesco II, poi non saprà difendere Pio IX. Perfino il Regno Austro-Ungarico, erede del Sacro Romano Impero, si guardò bene dall’impegnarsi. Quando gli Stati della Chiesa furono abbattuti, l’unico Governo che protestò ufficialmente per la violazione del diritto internazionale fu quello dell’Ecuador, con il suo presidente Gabriel García Moreno, il quale poi fu fatto assassinare dalla Massoneria. Francesco II e Pio IX non vollero abdicare ai loro troni soppressi, perché erano stati sconfitti non tanto dalla bramosia di conquista di un sovrano straniero, quanto dal complotto internazionale ordito da alcuni Governi liberali - e dietro di loro dalla setta massonica - al fine di abbattere i restanti Regni cristiani per sostituirli con una “Repubblica universale” che realizzasse i princìpi della Rivoluzione Francese. La Prima Guerra Mondiale portò a compimento quel complotto, abbattendo gli imperi cristiani rimasti (Austria, Russia e Germania) per sostituirli con Repubbliche nazionali laiciste e anticristiane. Tutto ciò è ormai ammesso dalla stessa storiografia progressista. Com’è noto, il programma massonico è stato applicato in tutta Europa con successo per quasi due secoli. E oggi noi ne subiamo le estreme conseguenze. Eppure, gl’ideali di progresso, libertà, laicità, nazionalismo, di Europa unita - propagandati dal liberalismo ottocentesco e usati come armi contro le monarchie cristiane dell’epoca -sono ormai entrati in crisi e passati in disuso, anzi, talvolta vengono derisi dagli stessi eredi storici di coloro che li avevano sbandierati. Anche per questo, oggi abbiamo tutto il diritto sia di rendere onore ai valori che furono calunniati e combattuti, sia di commemorare i sovrani che li incarnarono e i militi che caddero per difenderli.
(nella foto, Il generale carlista José Borjes)
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