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21 Febbraio 2023 - 11:25
Guadagnano sempre i titoli di prima pagina le risposte che Papa Francesco concede a chi gli chiede se intende seguire le orme del suo predecessore, Papa Benedetto XVI, con una improvvisa rinuncia al soglio di San Pietro. La domanda gli viene rivolta di frequente e lui ribadisce di avere affidato una lettera di dimissioni al Segretario di Stato in caso di “impedimento”, ma di non avere al momento intenzione di abbandonare il suo ministero che - ha aggiunto proprio di recente - è ad vitam. Giunge, quindi, quanto mai tempestiva la pubblicazione, del libro “Non era più lui. Una risposta al Codice Ratzinger sulla rinuncia di Benedetto XVI” di Federico Michielan (Fede&Cultura Editori, Verona, 2023), disponibile da ieri sul sito della casa editrice e, dal 15 marzo anche in libreria. L’autore, Michielan, è esperto di diritto canonico, come Francesco Patruno che firma la postfazione. La prefazione è del teologo Monsignor Nicola Bux che è testimone di quanto Papa Ratzinger fosse intenzionato sin dagli inizi del suo ministero pontificale a cedere al bisogno di ritirarsi dall’incarico e vivere una vita di contemplazione e preghiera. Ma Monsignor Bux si contrappone anche a quanto espresso di recente da Bergoglio, cioè della esistenza del “ministero a vita” dei papi. “Il papato non conferisce un carattere sacramentale indelebile - tipo il sacerdozio e l’episcopato, ma un ufficio supremo di giurisdizione che cessa con la morte o con la rinuncia o l’eresia” chiarisce nella sua prefazione Monsignor Nicola Bux. E, quindi, aggiunge: “Si devono normare, laddove fosse possibile, lo status del dimissionario (tornando cardinale), la denominazione (onde non indurre a credere che esistano due papi), il domicilio, i contatti sociali e mediatici, fino al cerimoniale quando muore, che non può essere, a rigore, quello del papa”. Nonostante la complessità della disciplina, il libro è scritto con un tono molto divulgativo. E si pone l’obiettivo di offrire risposta ai tanti, magari a digiuno di diritto canonico, che possono essere tentati dalle tesi inserite nel bestseller “Il Codice Ratzinger” di Andrea Cionci. Quella di Cionci sarebbe un’inchiesta che svelerebbe la “sede impedita” in seguito alle dimissioni di Benedetto XVI, aprendo a considerazioni di vasta portata, come la presenza di un antipapa regnante e di un prossimo Conclave composto da cardinali illegittimi.
Monsignor Bux, è vero che Papa Benedetto XVI pochi mesi dopo la sua elezione consultò lei ed altri esperti in merito ad una possibile rinuncia?
«Nel febbraio 2006, a meno di un anno dalla sua elezione, egli chiese al Pontificio Consiglio dei Testi Legislativi un parere circa la possibilità di rinuncia del papa al pontificato. Furono convocati alcuni teologi, tra questi il sottoscritto in qualità di consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il Diritto Canonico prevede la rinuncia, purché fatta liberamente. Qui si trattava di valutare l’opportunità di farla. Espressi un parere negativo, con la motivazione che il Signore non ha mai fatto mancare al papa le forze per adempiere il suo servizio, sebbene ridotte quantitativamente col passar degli anni. Siccome Benedetto è sopravvissuto quasi dieci anni alla sua rinuncia, mi sembra di aver visto giusto. Poteva restare».
Si può escludere che la volontà di Benedetto XVI sia stata coartata da un ambiente vaticano molto ostile nei suoi confronti e da pressioni internazionali come l’atteggiamento della Casa Bianca e, quindi, che sia stato costretto alla rinuncia?
«Lo escludo. Aveva un carattere adamantino, sebbene timido. Era ben tetragono, per dirla con Dante, alle ostilità, in quanto capace, per il suo pensiero alto, di entrare cortesemente a confronto con le posizioni avverse. L’ostilità del Vaticano è un mito. In tutti gli ambienti di “potere” si forma una corte: sta al sovrano saper suscitare la collaborazione, farsi voler bene, ma mantenere le giuste distanze. Benedetto aveva attuato tutto questo nella Congregazione per la Dottrina della Fede, dove era stato prefetto dal 1981 e per quasi venticinque anni. Bisogna credere, dunque, alla Declaratio fatta l’11 febbraio 2013: non aveva più le forze. Su questo, l’ottimo libro del giovane studioso veneto, Federico Michielan, dà un contributo importante».
Chi sostiene che la rinuncia sarebbe stata invalida distingue tra il munus (l’incarico) ed il ministerium (l’esercizio della funzione). Lei sostiene che Benedetto XVI rinunciò ad entrambi…
«Il munus e il ministerium, per quanto sembrino due termini latini diversi, sono sinonimi, e si traducono entrambi con “ufficio” o “compito”. Si possono anche declinare in modo da attribuire al primo, un contenuto per dir così teorico, e al secondo, pratico. In sostanza, Benedetto voleva far comprendere che non sarebbe stato più in grado di esercitare l’ufficio petrino con le sue incombenze di governo, ma avrebbe continuato a esercitare il compito spirituale di sostenere con la preghiera la Chiesa e il successore che i cardinali avrebbero eletto e al quale egli prometteva frattanto riverenza e obbedienza. Basta leggere la suddetta Declaratio. Anche monsignor Gaenswein lo spiega nel suo recente libro. Il resto, è una saga costruita con un misto di ignoranza e malafede, forse per interessi: frutto di fissazione intellettuale. Le dice nulla che abbiano inventato un “Codice” che rievoca il Codice da Vinci? Forse speravano in un successo analogo».
I sostenitori della tesi della “rinuncia invalida” battono su alcuni errori nel testo latino, improbabili per un teologo come Papa Ratzinger. Che cosa risponde?
«Quand’anche i due termini fossero ritenuti l’uno, il munus, l’ufficio in sè di papa, l’altro, il ministerium, l’esercizio della giurisdizione papale, essi restano inscindibili. Non si può rinunciare all’uno senza perdere anche l'altro; me lo confermò proprio lui, Benedetto, in risposta alla questione che gli posi in un colloquio, l’anno successivo alla rinuncia. In quella occasione, gli lasciai un mio testo che lo esponeva distesamente, al quale rispose un mese dopo. Circa gli errori, pare che egli ne abbia fatti alcuni nel discorso a braccio, non nel testo latino - come si legge in “Nient’altro che la verità” alle pagine 229 e 230 - Il resto è pura fantasia. Tutti sanno quello che Benedetto ha dichiarato e indubitabilmente non si può pensare che non sia così. Verrà il momento in cui si capirà di più di quella rinuncia».
Come impedire che la Chiesa, in futuro, possa vivere di nuovo l’incertezza dei “due Papi”, se vi saranno altre dimissioni?
«Con la morte di Benedetto XVI, è finita una situazione intollerabile e speriamo non si verifichi più. Perché la convivenza di "due Papi" non ha fatto bene a molti. A partire dalla Chiesa. Proprio oggi, papa Francesco, ha dichiarato che egli ritiene che il ministero papale debba essere a vita, anche se aveva in altri momenti dichiarato che apprezzava la rinuncia di papa Benedetto. Ma, si sa, che egli è abituato a contraddirsi. Per impedire che accada nuovamente una cosa del genere, il papa che rinuncia, dovrebbe tornare cardinale. Ma, se Benedetto è vissuto quasi dieci anni, oltre la rinuncia, come ho osservato, il Signore ha come voluto dire: decido io quando il papa deve dimettersi. Fidatevi».
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