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25 Giugno 2023 - 19:10
Talento straordinario. Dalla chiesa di Sant’Anna alle Paludi al San Carlo ai trionfi nei maggiori Teatri del mondo
Enrico Caruso, forse il più grande tenore di sempre, era nato a Napoli. I genitori, Marcello Caruso e Anna Baldini, si erano sposati il 21 agosto 1866 a Piedimonte d’Alife, ma le precarie condizioni economiche li spinsero a Napoli, dove Marcello fu assunto come meccanico. In via SS. Giovanni e Paolo il 25 febbraio 1873 nacque Enrico. A 10 anni si avviò al mestiere del padre, ma mostrava talento per il disegno, progettando fontane e cancelli e dilettandosi in caricature. Cominciò a cantare nella chiesadi Sant’Anna alle Paludi per matrimoni e funerali. Fin da subito la sua voce richiamò l’attenzione. Faceva il “posteggiatore” al Bagno Risorgimento, in via Caracciolo, e nel 1891 fu notato dal baritono Eduardo Missiano, che lo affidò al maestro Guglielmo Vergine per prepararlo alla carriera. Caruso lo avrebbe pagato con una percentuale sui futuri gudagni. Il 1894 fu decisivo. La sua condizione vocale era precaria e la preparazione musicale insufficiente, ma a favore aveva il timbro della voce, oggetto, però, di perplessità per quella ambiguità baritonale che resterà una delle sue note distintive. Il passo verso il professionismo non riuscì pienamente. Nonostante fosse stato ascoltato da Nicola Daspuro, corrispondente da Napoli dell’editore milanese Sonzogno, Caruso dovette entrare nel giro degli impresari e degli agenti minori e battere per due anni la provincia. Il debutto nel grande repertorio fu al Teatro Cimarosa di Caserta nell’aprile 1895, con Cavalleria rusticana. Per l’autunno 1896 fu scritturato a Salerno e tra qui e Napoli arricchì il suo repertorio. Nel 1897 andò in porto la trattativa con il Lirico di Milano, dove debuttò. Cominciò un’intensa ed inquieta relazione con Ada Giachetti Botti,che gli darà due figli. Nel 1898 si aprirono per Caruso le porte dei maggiori teatri russi e sudamericani e nel 1900 quelle della Scala di Milano. Ma nella sua città natale, nel 1901, non ottenne il successo voluto con “L’elisir d’amore” e giurò di non cantarvi più. Ricerche condotte dall’ex sovrintendente del San Carlo, Francesco Canessa, confermate dalla musicologa Enrica Donisi (“Enrico Caruso e la scuola ciandelliana”, Guida 2023) hanno però dimostrato che «i fischi del Teatro di San Carlo non sono stati mai fischiati» e che il cantante, tutt’al più, ebbe qualche recensione meno lusinghiera. La sua carriera fu sfolgorante. Caruso calcò i più grandi palcoscenici del mondo con innumerevoli trionfi. A Hollywood, sulla Walk of Fame, una stella ha il suo nome. Gli è stato dedicato l’asteroide 37573, ha interpretato due film e molte incisioni discografiche a partire dal 1902. Nel 1908 interruppe la relazione con la Giachetti Botti, e nel 1911 subì un intervento di laringite nodulare. Sposò nel 1919 Dorothy Park Benjamin, figlia di un ricco avvocato americano, da cui ebbe la figlia Gloria. Ma un empiema polmonare lo consumava. Si sottopose ad operazioni per tutto l’inverno. A primavera, tornò in Italia. Il 20 giugno 1920 sbarcò con moglie, figlia e segretario a Napoli e si trasferì a Sorrento. Sembrava in ripresa e si recò al Santuario della Madonna di Pompei, della quale era molto devoto. Si vagheggiava il ritorno al canto, ma la febbre ricominciò. Antonio Cardarelli ed il futuro santo Giuseppe Moscati lo visitarono inutilmente. Trasportato da Sorrento a Napoli, Caruso morì il 2 agosto 1921.
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