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Luigi Vanvitelli, quel genio multiforme che reinterpretò la tradizione

Luigi Vanvitelli, quel genio multiforme che reinterpretò la tradizione

Le invenzioni del grande ingegnere: dal cannocchiale ottico della Reggia di Caserta, all’Acquedotto Carolino

Il 20 gennaio 1752, 36esimo compleanno di Re Carlo di Borbone, fu posta la prima pietra del Real palazzo che per secoli gareggiò in grandezza e bellezza con molte regge europee. L’evento fu ricordato nell’affresco realizzato da Gennaro Maldarelli al centro della volta della sala del trono quasi un secolo dopo. Pochi anni prima il Re aveva chiamato a Napoli Luigi Vanvitelli, genio dal multiforme ingegno che si era affermato a Roma, con l’intenzione di avere un’opera che oscurasse la maggior parte dei palazzi reali europei per bellezza, grandezza e preziosità. Nella Dichiarazione dei disegni del Reale Palazzo di Caserta di Vanvitelli, si legge quanto l’architetto avesse dovuto seguire le indicazioni dei reali. Il progettista dice di non avere meriti perché fu solo l’“…esecutore delle sublimi idee concepite dalla Magnificenza delle MM.VV.”, rispettando le misure che gli furono date, e utilizzando “… i materiali più preziosi, che ne i VS Regni copiosamente si producono…”. Il ’700 fu un secolo molto vario nelle arti e nella storia. All’avvento di Carlo di Borbone a Napoli dominavano la scena gli architetti Domenico Antonio Vaccaro e Ferdinando Sanfelice, ma il Re gli preferì Ferdinando Fuga e Luigi Vanvitelli.   I primi due aderivano ancora al gusto precedente, mentre i secondi aderirono al nuovo stile, seppure con profonde differenze. Vanvitelli conservò però un legame con un mondo che stava trasformandosi, reinterpretandolo con equilibrio: la celebre invenzione del cannocchiale ottico, che forma l’ingresso a galleria, tutto puntato sul lontano punto di fuga dei giardini, lungo il quale ad un certo punto si scopre lo scalone imponente,per la prima volta posto lateralmente al percorso principale; oppure la corrispondenza tra il pavimento del vestibolo superiore (in marmi coloratissimi) a pianta circolare dal disegno a lacunari dai lati dritti al quale corrisponde un soffitto simile (ma candido), con gli stessi lacunari, ma dai lati curvi e impostato in modo avvolgente. O ancora l’articolazione delle scene che interpretano i gruppi statuari nel parco non possono non far pensare - seppure con più sobrietà - al linguaggio del barocco che aveva conosciuto a Roma. Il palazzo fu progettato con i due prospetti principali uguali: uno verso la piazza d’armi e l’altro verso i giardini. L’utilizzo di travertino e laterizi ed il grande basamento a bugnato nonché l’ordine composito che sottolinea la nicchia centrale, caratterizza l’architettura del Vanvitelli, che poi dovette applicarsi per trovare sufficiente acqua per i giochi delle fontane del giardino, e mostrare anche la sua capacità ingegneristica realizzando l’Acquedotto carolino. Sottolineata dal Vanvitelli, la scelta dei materiali, affidata per lo più alla Regina Maria Amalia. Sarà lei a volere per il teatro le colonne in marmo di Gesualdo, e a respingere l’idea del Re di far rivestire di marmo giallo lo scalone.

*architetto, presidente ANTARES

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