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Quella volta che i garibaldini dovettero fuggire

Quella volta che i garibaldini dovettero fuggire

L’assalto sventato all’ammiraglia della flotta delle Due Sicilie nell’agosto del 1860

L’assalto dei garibaldini al Monarca, ammiraglia della flotta delle Due Sicilie, non doveva incontrare resistenza. Secondo lo storico Giacinto de’ Sivo, contemporaneo degli avvenimenti, il piano era stato preparato da un ufficiale della Marina napoletana, Manzi, dissoluto e giocatore, che era passato ai piemontesi alla fine di luglio 1860 e si era trasferito a Castellammare di Stabia spacciandosi per commerciante di olio. Anche il comandante del Monarca, il capitano di vascello Giovanni Vacca, si era già accordato con il Piemonte e la mattina del 13 agosto 1860 dette ordine di staccare le catene di ferro che ancoravano la nave e di assicurarla solo con corde di canapa. Nella notte tra il 13 e il 14 agosto la vigilanza era scarsa, i marinai dormivano e la nave inviata da Garibaldi, con a bordo ufficiali e bersaglieri piemontesi, entrò a fanali spenti nella rada di Castellammare e mise in acqua tre barche per l’abbordaggio. Ma una catena di ferro tratteneva ancora il Monarca. Tentando di staccarla, gli assalitori svegliarono una sentinella che dette l’allarme. I marinai borbonici aprirono il fuoco con i fucili sui garibaldini già saliti a bordo, mentre accorrevano i soldati. Dal forte - secondo una relazione dell’epoca - i cannoni spararono sette colpi. La sorpresa era fallita. Garibaldini e piemontesi ebbero cinque morti e 15 feriti. Un morto e tre feriti i napoletani, che catturarono una barca. Un’altra barca fu trovata affondata nei pressi di Vico Equense. La nave degli assalitori riuscì a fuggire nel buio. Il Comandante del Monarca fuggì su una nave inglese.  

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