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il real arsenale

I cannoni borbonici di Castellammare di Stabia

I cannoni borbonici di Castellammare di Stabia

Serve una mobilitazione civica per il recupero delle bocche da fuoco che difendevano la città (foto di Alessandra De Cristofaro)

Il Real Arsenale, così si chiamavano i Cantieri Navali di Castellammare di Stabia, era una grande risorsa e Ferdinando IV di Borbone nel 1795 decise di difenderlo con una batteria casamattata di cannoni. Nel 1860, il fortino sul Molo del Porto era armato con 15 cannoni in ferro da 33’’ capaci di sparare proiettili di circa 15 chili di peso e di colpire a 8-900 metri di distanza. Altri due cannoni da 33’’ munivano la batteria di Portocarello. La tecnologia era avanzata, anche se erano già comparsi i primi cannoni rigati, la cui gittata - come si vide all’assedio di Gaeta - poteva arrivare fino a due chilometri. Per l’ultima volta i cannoni del fortino del Molo spararono nell’agosto del 1860 contro piemontesi e garibaldini che tentavano di impadronirsi del vascello Monarca, ancorato nella rada. Pagine di Storia, di cui quei cannoni borbonici sono una testimonianza. Mescolati con 10 altri cannoni inviati nel 1869 dal Genio civile di Napoli, invece, i cannoni borbonici di Castellammare sono andati incontro a un destino di incuria e di oblio. Qualcuno è stato rubato, qualcun altro è stato interrato nel Porto e trasformato in una bitta per l’ormeggio delle imbarcazioni. Due di essi, restaurati nel 2010 dalla Fincantieri, pitturati di grigio e montati su affusti in legno, sono visibili all’ingresso dell’edificio della Capitaneria di Porto. Altri 10 giacciono, coperti di ruggine e di incrostazioni, semisepolti tra motoscafi, auto e reti da pesca, in un capannone all’interno della Capitaneria, dove trova posto il materiale sequestrato nelle operazioni della Guardia Costiera. Sono nella disponibilità del Comune e il ROMA ha potuto visionarli grazie al Commissario prefettizio Raffaele Cannizzaro ed al Comandante della Capitaneria di Porto Rosamaria Sardella, che ci ha mostrato un estratto del verbale di consegna di 17 “cannoni di ferro” dei due forti “Molo e Portocarello”, custodito nell’Archivio storico comunale. Era il 13 settembre 1860. Il Capitano di artiglieria Emmanuele Blanco, riporta il verbale, consegnò al primo tenente della Guardia nazionale Giuseppe Mosca, delegato da Garibaldi, che si era proclamato Dittatore delle Due Sicilie, le “bocche di fuoco” ed “altro materiale bellico”. Poi polvere e ruggine si sono depositate sui cannoni borbonici di Castellammare. Ma in tempi recenti c’è stato chi ha tentato di recuperare i frammenti della memoria storica, che è l’elemento fondamentale dell’identità collettiva: le ricerche dello storico Catello Vanacore e di Aldo Verdoliva, della sezione stabiese dell’Associazione Marinai d’Italia, l’opuscolo dei Lions Club “Un tesoro da restituire alla città, i cannoni borbonici”, firmato da Catello Buonocore pubblicato nel 1999. Il 16 maggio 2018 - ma questa è storia recente - il Comune di Castellammare di Stabia rivendica la proprietà delle “bocche di fuoco borboniche” (ridotte nel frattempo a 12) e chiede al Comandante del Compartimento Marittimo di “concordare le modalità di trasferimento”. I cannoni avrebbero dovuto costituire la “prima cellula della sezione navale del Museo della città”. Sono passati altri cinque anni, ma i cannoni non si sono mossi. Secondo la testimonianza diretta di Vanacore due, nel 2003, sono sfuggiti per poco alla distruzione. L’interesse per i cannoni borbonici di Castellammare di Stabia, però non si è spento. Lo dimostrano gli articoli di studiosi e appassionati di storia disponibili in rete, mentre associazioni e operatori portuali rilanciano l’idea di valorizzarli. Coraggio, recuperiamo i cannoni e rimettiamo al suo posto un tassello importante della memoria storica della città.

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