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12 Marzo 2024 - 12:26
A Palermo era cresciuto e perciò si sentiva uomo del sud. Quando l’imperatore Federico II arrivò a Gerusalemme per la crociata si meravigliò per il fatto che quella fosse la “terra promessa” da Dio al popolo eletto: «Pensano così perché non hanno visto la Sicilia» pare abbia detto. È un uomo straordinario, sospeso fra storia e leggenda, quello che Alessandro Barbero (nella foto a sinistra) restituisce al pubblico che affolla la platea e tutti gli ordini di palchi del Teatro San Carlo. La lezione rappresenta il momento clou dei festeggiamenti che da novembre sono in corso per celebrare gli ottocento anni dell’Università di Napoli, che fu fondata proprio dall’imperatore Federico II di Svevia che la concepì come centro di studi laico, il primo ad essere svincolato dall’influenza della Chiesa. «Da allora si sono succedute 30 generazioni di studenti - sottolinea il rettore Matteo Lorito nel presentare l’evento - che si sono alimentati “ad scientiarum haustum et seminarium doctrinarum”, letteralmente: “Alla fonte delle scienze e al vivaio dei saperi”, come si legge sull’iscrizione posta sul frontone dell’università. «Free Palestine» è il grido che si leva da più parti del teatro mentre in alto, compare uno striscione con la bandiera palestinese (nella foto a destra). Resterà lì per tutta la durata della conferenza. Un’ora e mezza in cui Barbero presenta la singolarità di un uomo che già ai contemporanei appariva come un mito. Al papa Gregorio IX sembrava essere l’incarnazione della bestia dell’Apocalisse, convinto com’era che Federico al cristianesimo preferisse “i servi di Maometto”. Al contrario, Federico era decisamente cristiano e si riteneva perseguitato dai papi che guardavano con preoccupazione la sua indipendenza. Per parte di madre aveva ereditato il Regno di Sicilia che comprendeva tutto il Sud d’Italia, per parte di padre possedeva la Germania. Una vita intensa, la sua, vissuta per 56 anni sempre una spanna in più rispetto agli altri sovrani. Le Costituzioni di Melfi, cita ad esempio lo storico, rappresentano un livello di legislazione molto avanzato. Un monaco inglese, Matteo Paris, nel Duecento lo definisce “Stupor mundi”, stupore del mondo. Il cronista Salimbene da Parma, che lo conobbe da vicino, lo descrive simpatico, pieno di iniziative originali, capace di parlare molte lingue e di dialogare con le personalità più diverse. Anche gli studiosi più moderni concordano sulla sua straordinarietà, nel bene e nel male: Burckhardt lo definì il primo uomo del Rinascimento nelle tenebre del Medioevo; Kantorowicz in lui intravide addirittura il prototipo di un mefistofelico superuomo tedesco. «Noi crediamo invece - conclude Barbero - che Federico II sia stato un grande uomo del suo tempo: rafforza il suo potere, crea nuove leggi, intuisce che uno Stato non può non avere un’università e la crea dal nulla, dialoga con popoli diversi perché ha ereditato un regno nella cui capitale, Palermo, era stata una delle più grandi città arabe». «Lo vedete come è difficile cercare di separare i fatti dalle leggende, che è il nostro mestiere. Ci salva che in realtà anche le leggende, quando la genti ci crede, diventano fatti».
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