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Ottocento napoletano in mostra alle Scuderie del Quirinale

Ottocento napoletano in mostra alle Scuderie del Quirinale

La Napoli dell’Ottocento attraverso gli artisti che vi nacquero e che l’amarono. Alle Scuderie del Quirinale, fino al 16 giugno, il racconto di una’avventura visiva meravigliosa punteggiata dall’incontro con Degas, Fortuny, Gemito, Mancini, Morelli, Palizzi, Sargent, Turner . Sono 250 le opere dell’esposizione, curata da Sylvain Bellenger insieme a Jean – Loup Champion, Carmine Romano e Isabella Valente, che ha coinvolto il Museo e Real Bosco di Capodimonte in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, la Direzione Regionale Musei Campania, l’Accademia di Belle Arti di Napoli e la Stazione Zoologica Anton Dohrn. L’Ottocento è un secolo di eccezionale vitalità artistica della città che riusciva ad attrarre tutti i più grandi artisti attivi in Europa o provenienti dalle più giovani scuole nordamericane, giunti per vivere l’esperienza ineludibile della scoperta di Pompei ed Ercolano ma poi folgorati dalla bellezza prorompente del paesaggio campano, dalla ricchezza del patrimonio storico e artistico di quei luoghi. Non solo dipinti ma sculture, arti decorative, storia e scienza: eloquenti testimonianze, malgrado i problemi e le tensioni sociali e politiche, di una tradizione artistica e culturale davvero secolare e ancora viva, inserita a pieno nella cultura europea contemporanea. Il mare, le montagne, il folclore, la terra fangosa del Vesuvio, la lussureggiante vegetazione della Campania, lo splendore ed anche il degrado hanno ispirato artisti quali Constantin Hansen, Silvestr Ščedrin, Simon Denis, Karl Böhme, Ludwig Catel, William Turner, Thomas Jones, Thomas Fearnley, Eduard Hildebrandt, Hans von Marées, John Singer Sargent, i pittori naturalisti di Posillipo, Portici e Resina, Anton van Pitloo, Giuseppe De Nittis, Ercole e Giacinto Gigante, Teodoro Duclère e Salvatore Fergola. Un rilievo significativo ricopre nella mostra la figura del pittore Edgar Degas (nella foto in basso, una suo ritratto napoletano), un artista che ha sempre rivendicato la sua appartenenza al movimento realista rifiutando l’etichetta di impressionista come qualificativo della sua pittura. Di origini napoletane per parte paterna, Degas, che parlava correntemente la lingua napoletana imparata durante la sua infanzia e giovinezza a Napoli, è considerato in questa mostra dal punto di vista della sua familiarità con l’ambiente napoletano, ipotizzando che, questa particolarità, sia un tassello di lettura in più per capire la sua differenza con la scuola francese. Particolarmente importante, per questo, è il focus dedicato in mostra all’artista francese. Grazie alla generosità del Musée d’Orsay, dell’Art Institute di Chicago e del Cleveland Museum of Art i visitatori potranno ammirare riuniti in mostra cinque tele dipinte a Napoli, oltre all’emblematica “Veduta di Castel Sant’Elmo da Capodimonte” del Fitzwilliam Museum di Cambridge. Tre sezioni sono dedicate alla pittura neo-pompeiana che reinventa temi o diffonde lo stile degli oggetti emersi dagli scavi di Pompei ed Ercolano, dell’immaginario legato all’antica Grecia e al lontano Oriente, che tanto fascino suscitò in Domenico Morelli. La ricerca artistica di Antonio Mancini, si orienta verso una pittura verista in cui gli aspetti materici sono essenziali. Realizza così effetti violentemente materici che trovano un paragone solo nell’opera di Medardo Rosso e che di fatto anticipano di diversi decenni quelle qualità tipiche della stagione ‘informale’ del dopoguerra, in artisti come Fontana (una sua opera, a destra)o Burri. Se ne era accorto anche Carlo Carrà che alla Biennale di Venezia del 1926, definì la sua “Dama in rosso” (nella foto a sinistra) come “un vero capolavoro di potenza plastica e di armonia cromatica”. Nell’Ottocento Napoli è a tutti gli effetti riconosciuta anche come un’importante capitale scientifica, terza città d’Europa, dopo Londra e Parigi, sede di una delle più antiche università italiane, della prima scuola di lingue orientali in Europa e del primo museo di mineralogia. È anche la città dei dibattiti positivisti, delle scienze giuridiche e matematiche, è la città dell’intensa dialettica che lega le nuove scienze a un’estetica sempre fedele alla grande tradizione realista, centrale nella definizione dell’arte napoletana dal periodo barocco riberesco e caravaggesco. All’interno del percorso espositivo si è voluto restituire al visitatore, attraverso la videoinstallazione “Affreschi Digitali” dell’artista napoletano Stefano Gargiulo (Kaos Produzioni), la peculiarità della Stazione Zoologica voluta da Anton Dohrn, primo centro di studio oceanografico in Italia, dove raffigurazioni scientifiche della fauna marina si sovrappongono alle decorazioni di Hans Von Marées e Adolf Hildebrandt ancora visibili nell’attuale Biblioteca e ispirate al gusto neo-ellenico caro agli artisti tedeschi dell’epoca. Anche l’influenza del clima politico ed economico ha avuto un ruolo decisivo sulle forme d’arte di questo periodo storico. La profusione di progetti e programmi di trasformazione urbanistica della città, infatti, la rendono sempre più europea tanto che, alla fine del secolo, Napoli dialoga ancora direttamente con Parigi: in soli tre anni viene eretta la Galleria Umberto I, vengono costruiti i caffè, i grand hotel, i quartieri borghesi ed i lunghi viali. Il percorso “Dal Sublime alla materia” diventa in mostra uno schema di lettura della storia dell’arte a Napoli nell’Ottocento. Per questa ragione, tale percorso è oggetto di un ulteriore intervento multimediale dello stesso Gargiulo che accoglie il visitatore sullo scalone d’entrata proponendo le immagini del Vesuvio in eruzione intese come sintesi dei tue termini: il sentimento del sublime che deriva dallo spettacolo della forza terribile della natura, e la brutalità materica del paesaggio lavico che si trasforma in bellezza.

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