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La mostra

Giulia Piscitelli, un inno alla pace

Gli inginocchiatoi esposti nella Cappella di San Gennaro rappresentano una sintesi tra le tre religioni

Giulia Piscitelli, un inno alla pace

La parola chiave è “ambivalenza”. Da sempre la ricerca artistica di Giulia Piscitelli si muove sul filo sottile che lega tristezza e felicità, tragedia e speranza, morte e resurrezione. È un messaggio intrinsecamente spirituale il suo. Naturale dunque che sia stato accolto proprio nel luogo che è il cuore della spiritualità napoletana: la cappella di San Gennaro. È qui infatti, tra gli affreschi del Domenichino e sotto i busti argentei dei santi patroni della città che sono disposti, accanto alle tradizionali panche da chiesa, i suoi inginocchiatoi coloratissimi.

Ne ha realizzati 21 prendendone a modello uno conservato proprio in duomo e rivestestendoli tutti con tessuti ricavati dai tappeti adoperati dai musulmani per la preghiera. «Un unico oggetto - chiarisce l’artista, napoletana, classe 1965 - per stabilire un legame tra le tre religioni monoteiste: il Cristianesimo, l’Islam e l’Ebraismo». È infatti a quest’ultima che rimanda il titolo della mostra, “Una nuvola come tappeto”, ripreso dal salmo 105 nella traduzione di Erri De Luca.

È un profondo messaggio di pace, quello di Giulia Piscitelli, che reinventa un semplice arredo liturgico facendolo dialogare con culture oggi ferocemente contrapposte. Un’operazione coraggiosa dunque che si traduce in richiamo etico e civile. Richiamo che si fa prepotente davanti alla pianeta esposta nella sacrestia attigua al Cappellone del Santo, dove la mostra prosegue in forma itinerante fino ad addentrarsi nel Museo del Tesoro.

La pianeta è la veste ampia che indossano i preti durante la messa e che ha colori diversi a seconda del periodo liturgico. Questa pianeta, “Planeta” la chiama l’artista, è realizzata in kevlar, un tessuto tecnologico resistentissimo, utilizzato per i giubbotti antiproiettile. Torna l’ambivalenza: un materiale che difende il corpo dalla morte ma che, implicitamente ne dichiara la fragilità, diventa abito sacro, richiamo allo spirito che abita i corpi e che sopravvive alla loro caducità. E sono in lamina d’oro, le aureole che Piscitelli inserisce sulle sue personalissime mappe: la tecnica medievale per dire il sacro che permane nella contemporaneità, la misteriosa connessione tra terra e cielo, umano e divino.

Anche le mappe si possono leggere in una doppia dimensione: quella reale, fornita dalla geografia, e quella personale dell’artista, che sistema le aureole in corrispondenza dei luoghi in cui i santi sono ritratti. Ma c’è ancora un’altra chiave di lettura: i cerchi d’oro possono evocare anche le posizioni strategiche di un attacco militare nonché quelle di un territorio ricco di risorse da esplorare. Il percorso espositivo culmina con l’opera “Naso”, un omaggio a San Gennaro. Questa scultura in gesso dorato rappresenta il naso ingrandito dell’artista stessa, che lo realizzò circa vent’anni fa dopo un incidente.

Oggi viene posto a conclusione della mostra, come un ex voto laico che richiama una leggenda legata al naso della statua di San Gennaro conservata a Pozzuoli e deturpata dai Saraceni. Oggetti quotidiani che nascondono mondi, la semplicità che è un invito a meditare sulla complessità del reale. E alla sua irriducibilità alla semplificazione. Un’arte che diventa un inno allo spirito, al bisogno di superare il contingente, magari librandosi sopra una nuvola. La mostra di Giulia Piscitelli “Una Nuvola Come Tappeto” è visitabile fino al 25 gennaio. Il catalogo delle opere fotografate da Amedeo Benestante, pubblicato da D’Uva, è arricchito da testi di Erri De Luca, Vincenzo De Gregorio, Stefano Chiodi.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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