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I racconti

Alla ricerca dell’amore perduto

Fabio Piero Fracasso esplora ogni aspetto del sentimento che lega le coppie

Alla ricerca dell’amore perduto

Un particolare della copertina del libro

Fabio Piero Fracasso col suo libro di racconti “I perduti giorni” (Nolica Edizioni), si è calato in un abisso di storie dove si può incontrare ogni grado del sentimento dell’amore. Ogni attimo - pare dirci l’autore - può essere perduto non solo perché dissipato irrimediabilmente, ma anche perché sprofondato in una gioia antica che magari c’è stata ma non si riesce più a trovare. Il suo narrare, infatti, lascia trapelare la continua traccia di ricordi, di accadimenti e di sensazioni che generano continui flashback in ogni protagonista, pur mantenendo il filo essenziale della trama di ogni racconto.

È così quando si parla dell’amore omosessuale tra Mira e Sabina: Il ricordo di una pasta al pomodoro col basilico aprirà attraverso il profumo quelle porte della terra natia di Mira. Ed è così con la storia di Albert, sicuramente più strutturata. Qui siamo alle prese con un uomo scombussolato dal tormento che rivanga nel suo passato. Tutto emerge dai suoi pensieri ma anche dalle preoccupazioni della moglie Elfriede.

Albert arriva a pensare che l’incontro con un ratto fosse un segno del destino per poi arrivare ad affermare che forse in un’epoca passata «era felice senza saperlo; o, con ogni probabilità, era infelice senza saperlo e, quindi, non lo era del tutto». Tra i vari gusti che ci fornisce questo libro c’è anche quello di un brevissimo racconto erotico prima di quello forse più sofferto: la storia fra Piero e Jole che vivono il loro amore gonfio di malinconia tra Roma e Napoli. Ci saranno delle brutte sorprese.

Si chiude con un racconto dal titolo “Attraversando le scure acque del Ponto”. Qui il “perduto giorno” si può toccare con mano. La nave diventa la metafora delle scelte che può compiere un uomo durante una vita. Sopra l’imbarcazione il nostro protagonista trova tutto, dal cinema al teatro, dal cabaret ai ristoranti, ma è l’incontro con una donna che gli sfiora il braccio sul ponte quello che lo sconquasserà. Inge, si chiama lei.

Quel ponte galeotto sembra parlare al protagonista, la ragazza Inge apparirà lungo tutta la narrazione sempre lì, in un luogo-non luogo tanto caro. In un momento di vuoto di memoria addirittura si dimentica il nome di lei ma poi, il ritorno della ragazza, glielo suggerirà di nuovo. Ci sarà finalmente una cena, l’incontro fra queste due anime aprirà a sua volta un altro dialogo che il protagonista farà con sé stesso. Poi il “perduto giorno”, quasi come a voler dire che una cosa per essere reale deve sciuparsi.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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