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Letteratura
27 Dicembre 2024 - 17:02
Rainer Maria Rilke
Meta privilegiata di artisti e intellettuali, la Campania del primo Novecento visse una stagione dorata, animata da una compresenza, talvolta conflittuale, di umori antichi e spinte moderne. Questa vivacità, non affatto insolita per una terra così stratificata e complessa, divenne fonte di ispirazione per personalità di spicco del mondo dell’arte e punto di riferimento fondamentale anche per gli scrittori e i pensatori tedescofoni; tra questi va ricordato Rainer Maria Rilke, uno dei più importanti poeti di lingua tedesca del secolo scorso.
Risale a poche settimane fa l’uscita di un’antologia poetica composta da 48 componimenti scritti da Rilke tra il 1897 e il 1926, arco temporale che copre tutti gli anni della sua produzione, partendo dalle prime prove poetiche e arrivando ai suoi ultimi versi. Il volume, “Con quanta gioia ascolto le cose cantare” (Castelvecchi editore) è a cura del professor Ulderico Pomarici, che ne ha realizzato anche la traduzione.
Dalle liriche, che seguono il maturare della scrittura rilkiana, emerge chiaramente una poetica caratterizzata da una profonda introspezione. Animo tormentato, Rilke durante la sua vita ha condotto un’intensa ricerca poetica, espressa in un lirismo fluido e struggente, che scorre armoniosamente, come se le parole fossero note musicali. Il poeta, nato a Praga nel 1875, viaggiò moltissimo; particolarmente intensa e feconda fu la permanenza italiana, durante la quale ebbe l’opportunità di visitare città come Venezia, Firenze, Roma e Napoli, luoghi che esercitarono su di lui una profonda influenza.
Ma fu in particolar modo Capri ad incantare il poeta austriaco, che vi soggiornò più volte; la prima fu nel dicembre del 1906, quando vi rimase per ben sei mesi ospite della baronessa Alice Fachndrich von Nordeck, che aveva messo a sua disposizione la “Casina delle rose”. Furono proprio le rose, che nonostante il clima rigido continuavano a sbocciare sull’isola, a decorare un piccolo pino che il poeta collocò in casa a sostituzione dell’abete natalizio.
Ma l’approccio con l’isola azzurra fu complesso: il troppo rumore e la troppa folla disturbavano il suo animo contemplativo e raffinato, non consentendogli di cogliere appieno la delicata bellezza del luogo. «In verità, è quasi orribile ciò che le persone qui hanno fatto di una bellissima isola» dichiarò Rilke; in quegli anni, infatti, Capri accoglieva intellettuali, flâneur, pittori, scultori, poeti e rivoluzionari in fuga dalle censure di tutta Europa. Per fuggire tutto ciò, il poeta tendeva ad appartarsi, trascorrendo le giornate immerso nella lettura dei Fioretti di San Francesco e cimentandosi nella traduzione dei “Sonetti Portoghesi” di Elizabeth Barrett Browning.
Un giorno, scoprì ad Anacapri la chiesetta di Santa Maria a Cetrella, un eremo situato sul monte Solaro: una statua raffigurante la Vergine ne risvegliò la vena artistica «Ho cominciato a comporre qualche verso per quella povera Maria, abbandonata lassù» e da quel momento le oniriche atmosfere dell’isola penetrarono nel suo cuore e nella sua mente. «Nessun paesaggio può essere più greco, nessun mare più ricco delle distese dell’antichità, della terra e del mare come mi è stato dato di vederli e viverli nelle mie passeggiate ad Anacapri».
Profondamente affascinato, Rilke scrisse “Il Canto del mare” proprio in onore dell’isola azzurra. Ma anche Napoli non lo lasciò indifferente: in questo caso, fu la caotica e suggestiva quotidiana partenopea ad essere fonte di grande ispirazione.
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