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Napoli meravigliosa
27 Gennaio 2025 - 22:01
NAPOLI. Ritratti realizzati tra la metà del XVIII e gli inizi del XX secolo che ritraggono nobili, sovrani borbonici, papi, vescovi, e monsignori affiliati all’Ente, offrendo u'ineguagliabile testimonianza della “buona società” napoletana del tempo; dipinti di Francesco De Mura, Giuseppe Bonito, una preziosa Madonna dell’umiltà a tempera e oro su tavola del XIV secolo di un seguace di Simone Martini, un interessante Martirio di San Gennaro appena restaurato e, soprattutto, il Bastone di San Giuseppe, definito “quintessenza apotropaica della fede cristiana e cattolica”. Condotto a Napoli nel 1712 da Nicola Grimaldi, il celebre cantante evirato, fu donato e affidato alla custodia della Reale Arciconfraternita di San Giuseppe dei Nudi nel 1795, rimanendo celato alla devozione popolare fino al 2019, quando è tornato in esposizione per volontà del sovrintendente de Flaviis.
Fortemente voluto dal sovrintendente, l’avvocato Ugo de Flaviis che dal 2014 presiede l’omonima Fondazione, il Nuovo Museo costituisce uno scrigno di arte, storia e tradizione in uno dei luoghi più iconici di Napoli, a ridosso del Museo Archeologico Nazionale.
IL NUOVO MUSEO
Il Nuovo Museo San Giuseppe dei Nudi, con gli spazi riprogettati da Davide Vargas, occupa una porzione del settecentesco Palazzo del Complesso monumentale che comprende l’Archivio storico e la Chiesa con il suo magnifico organo del ‘700, oltre al Giardino storico.
6 le sale espositive in cui sarà possibile ammirare, lungo il filo conduttore della storia dell’Istituzione, che copre circa 3 secoli, dipinti, sculture e reliquiari che costituiscono solo una parte del patrimonio dell’Ente.
Al taglio del nastro, giovedì 30 gennaio 2025, ore 16.30 – Napoli, via Mancinelli n.19, interverranno, con il sovrintendente Ugo de Flaviis, il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca; Paolo Giulierini, già direttore del Mann, che aveva ospitato una mostra fotografica di Luigi Spina sui ritratti dei Confratelli del sodalizio; la curatrice dell’allestimento del Museo Almerinda Di Benedetto, Ordinario di Storia dell’arte contemporanea dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.
L’OPERA DI VESTIRE I NUDI - CENNI STORICI
La Congregazione di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi e Vergognosi viene fondata a Napoli il 6 gennaio 1740 per iniziativa di Francesco Cerio, con la collaborazione di Domenico Orsini e Nicola Antonio Pirro Carafa. Il 30 giugno 1740 l’istituto registra l’adesione della Real Casa Borbonica da cui la denominazione ‘Regal Monte e Congregazione di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi e Vergognosi’. Il 15 ottobre del 1745 arriva il beneplacito di papa Benedetto XIV e quindi l’appoggio perpetuo della Chiesa.
L’attività inizia con la donazione di sette vesti per altrettanti poveri. Nel 1907 il sodalizio è in grado di vestire ben 600 bisognosi e di elargire sovvenzioni. A quasi 300 anni dalla sua fondazione, la Congregazione continua con orgoglio e senso d’identità la propria opera pia.
ERO NUDO E MI COPRISTI
Nudus eram et cooperuistis me
La Congregazione di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi e Vergognosi, ispirata alla terza delle sette opere di misericordia corporale indicata nel racconto evangelico, viene fondata a Napoli il 6 gennaio 1740. Ne sono artefici Francesco Cerio, Domenico Orsini e Nicola Antonio Pirro Carafa, su consiglio ed incoraggiamento del padre spirituale Giuseppe Maria di S. Carlo. Le fonti raccontano che in un giorno festivo del 1734 i tre si incamminarono, per una gita, verso i dintorni di Napoli. Un’improvvisa pioggia li costrinse però a fermarsi riparando in un chiostro dei padri Teresiani Scalzi della Madre di Dio, nei pressi dell’attuale Museo Archeologico Nazionale. Decisero dunque di rinunziare alla loro escursione, e di destinare ad un’opera di bene la somma che era stata programmata per il divertimento della giornata. Sulla via del ritorno incontrarono un mendicante, lacero nelle vesti. Questo povero fu immediatamente vestito con la somma che essi avevano con loro e questo atto produsse nell’animo dei benefattori una così grande soddisfazione, che fece sorgere in essi l’idea di dare continuità a questa iniziativa. L’8 dicembre 1739, con il sostegno di altri gentiluomini napoletani e nel nome del Patriarca Giuseppe si incontrarono per dare inizio all’istituzione con il motto Nudus eram et cooperuistis me, Ero nudo e mi copristi. Il 6 gennaio 1740, in quell’oratorio dei PP. Teresiani che li aveva ospitati sei anni prima, stabilirono che ogni anno, nella ricorrenza del giorno onomastico di S. Giuseppe, si procedesse alla distribuzione di abiti ai poveri. Così nacque il Pio Sodalizio divenuto poi Real Monte ed Arciconfraternita.
IL BASTONE DI SAN GIUSEPPE
('a mazzarella 'e San Giuseppe)
L’antichissima reliquia rappresentata dal Bastone fiorito di San Giuseppe, è oggetto di culto plurisecolare. Il bastone fu trafugato da un convento dei padri carmelitani nel Sussex, in Inghilterra, dove veniva esposto già nel XIII secolo. Divenuto di proprietà della nobile famiglia degli Hampden fino al XVIII secolo, la sua autenticità fu avallata da un episodio ‘miracoloso’ che vide salva in un rovinoso incendio la sola stanza in cui il bastone si trovava. Altri elementi concorrono ancora ad attestarla: l’essere colmo di nodi indicanti la fioritura, l’essere rimasto per secoli privo di tarli e l’impossibilità di distinguere la tipologia del legno, nonostante sia stato sottoposto più volte al vaglio di esperti. Arrivato a Napoli nel 1712 (con atto notarile rogato in inglese a Londra) come dono al celebre evirato, il cantante lirico Giuseppe Grimaldi detto Nicolino, ammiratissimo sui palcoscenici internazionali, fu riconosciuto autentica reliquia il 14 marzo 1714, presso la Curia Arcivescovile di Napoli con un decreto del vicario generale, monsignore Nicola Rota. In cima, il bastone presenta un sigillo in ceralacca rossa con uno stemma vescovile ma anche un’incisione raffigurante una croce con alcuni uccelli nei quattro vacui di essa, con un triangolo intorno. L’incisione fu riconosciuta da Monsignor Rota quale insegna dei Padri Carmelitani, come indicato anche nel precedente atto notarile del 1712 esaminato presso la Curia e accluso al bastone per la perizia effettuata da monsignor Rota. Nell’atto notarile si indicava la provenienza originaria del bastone (Inghilterra) nonché gli autori dell’incisione posta nella parte superiore della reliquia: si dichiarava che fino ai primi anni del secolo XIV «la santa reliquia del bastone di san Giuseppe si conservava ed era esposta alla pubblica venerazione nella venerabile chiesa del convento dei padri carmelitani della contea di Sussex e questi sulla cima del suddetto bastone si fecero scolpire le insegne della loro religione». A partire dal 1714 il bastone fu esposto pubblicamente nella casa del cantore alla Riviera di Chiaia. «Il concorso di popolo era considerevole; anche i membri della famiglia del Viceré si recavano presso la casa del Grimaldi per venerare la reliquia. Tra musiche e grandi apparati scenografici allestiti in occasione della festa di san Giuseppe, quando la folla si accalcava per toccare l’oggetto di devozione, non pochi fedeli, al momento di baciare il bastone, provavano a staccare dei frammenti per portarli con sé e venerarli come minuscole reliquie. Il cantante provvide allora a porre accanto al bastone un maggiordomo perché vegliasse su di esso; le sollecitazioni del custode a non danneggiare la sacra reliquia, a non sfregarla, pronunciate con marcato accento veneto, diedero vita al colorito detto napoletano: non sfruculiare la mazzarella di san Giuseppe». Il 17 gennaio del 1795, alla presenza del sostituto del re, il principe di Scilla, con solenne processione e festa durata otto giorni, il bastone, per volontà degli eredi della famiglia Fago, imparentati con Nicolino Grimaldi, fu donato alla Reale Arciconfraternita e trasferito definitivamente presso la chiesa di San Giuseppe dei Nudi.
IL PUZZLE DEI SECOLI
«Fatti, persone, opere, documenti, come tessere di un puzzle hanno aspettato circa tre secoli per essere ricomposti in un funzionale e fruibile quadro d’insieme – spiega la curatrice del Museo Almerinda Di Benedetto – Con l’inaugurazione del Museo diamo inizio a quello che dobbiamo considerare solo un primo importante passo in direzione della conoscenza e della tutela dell’Ente, del suo patrimonio materiale e immateriale, e delle testimonianze di una storia sociale tra le più significative della Napoli sette-ottocentesca. Un’illuminante lettura del vissuto spirituale dell’Opera e di chi l’ha tenuta viva nel tempo, contribuendo a ricostruire l’identità di un pezzo del nostro territorio».
«Vediamo finalmente realizzato un percorso che racconti la storia della Real Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi e la sua grande Opera di misericordia, che continua attraverso i secoli – commenta il sovrintendente Ugo de Flaviis – si tratta solo di un primo, per quanto importante passo, verso il recupero di testimonianze custodite per secoli di quella storia, cultura e spiritualità che hanno fatto grande la nostra città».
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