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Napoli bizantina: la nascita della capitale ducale

Tra VI e XII secolo la città visse uno straordinario periodo della sua Storia che è stato cancellato

Napoli bizantina: la nascita della capitale ducale

La famiglia Theotecnus, VI secolo, catacombe di San Gennaro

Documento su documento, libro su libro, abbiamo capito che era stato dimenticato o cancellato uno dei periodi più interessanti della trimillenaria storia di Napoli: quello altomedioevale-ducale (VI secolo-inizio XII secolo). Per la nostra città è passata la Storia con la “s” maiuscola, legata a tutta la storia italiana ed europea. La storia della civiltà occidentale, se pensiamo che proprio presso l’attuale Castel dell’Ovo, luogo delle nostre origini, morì l’ultimo imperatore romano, Romolo Augustolo, prigioniero dei barbari.

Era il fatidico 476 d.C. della consegna delle insegne imperiali a Bisanzio, l’inizio del Medio Evo, secondo gli schemi della storiografia mondiale. Inizia in quegli anni la storia di quello che fu prima un Giudicato (ordinamento autonomo in età bizantina, ndr) e poi un Ducato di nomina imperiale ed emerge, non solo dal punto di vista religioso, la figura del Vescovo. Iniziò così un’esperienza che rappresenta un unicum sia dal punto di vista politico-istituzionale che culturale con una originale fusione di lingua greca e latina e di riti e santi greci e latini spesso collegati anche alla toponomastica. È la Napoli di una Cristianità che nasce e si afferma nella nostra terra prima che in altri luoghi), la Napoli di San Gennaro e di Santa Patrizia, dei primi Vescovi-santi e dei primi patroni, di monasteri, centri straordinari per la formazione e l’assistenza a tutta la popolazione, centri culturali capaci di conservare - copiando i testi originali greci e latini - l’intera cultura classica. Tanti i codici luculliani conservati nel mondo. È la Napoli dell’XI secolo, di una delle prime forme di “costituzione” due secoli prima della famosissima Magna Charta inglese. E sono lì le origini della successiva capitale angioina-aragonese-borbonica: Napoli con le sue mura inespugnabili e leggendarie, i suoi commerci - in particolare di tessuti pregiati - capace di fronteggiare Longobardi e Saraceni e di comandare “leghe” che, nella fondamentale Battaglia di Ostia ritratta da Raffaello nelle Stanze Vaticane, fermarono l’avanzata musulmana e salvarono il mondo cristiano. Pochissime, però, sono anche le tracce monumentali e archeologiche.

Molte di esse sono indicate nel libro che abbiamo da poco pubblicato Il Ducato e Napoli medioevale. Le origini di una grande capitale (ABE, Napoli 2024). Non esistono resti del sontuoso Palazzo Ducale sulla collina di Monterone, nella parte alta di Mezzocannone, e pochi sono i resti di chiese e monasteri. Spesso parti di strutture superstiti sono inglobate in altri edifici. È recente la scoperte di una cappella del X secolo, oggetto di scavi abusivi sulla quale abbiamo formulato una nostra nuova ipotesi. Questa Napoli non trova spazio nei libri di testo scolastici che dedicano invece interi capitoli alla storia medioevale di Comuni e Signorie del resto dell’Italia. È la storia di una Napoli trascurata per fare spazio alla storia italiana ed europea e qui si inserisce il contrasto tra gli storici “italiani”, guidati da Benedetto Croce e dalla sua scuola, e quelli “napoletani” di cui fu senz’altro guida osteggiata quel Bartolommeo Capasso al quale è simbolicamente dedicato il nostro libro e dal quale non si può non partire per le ulteriori ricerche su questo e su tanti altri periodi della nostra grande Storia.

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BARTOLOMMEO CAPASSO, IL PIU' GRANDE STUDIOSO DELL'ALTO MEDIOEVO

Nella storia idealistica di Croce, la storia dell’Italia meridionale è “poca e spesso brutta cosa”, e da essa va escluso il periodo Normanno-Svevo. “Quella storia - scriveva nel 1943 - nella sua sostanza non è nostra”. La “Monarchia di re Ruggiero”, alla quale orgogliosamente si ricollegavano i Borbone, era una definizione “pomposa e vuota di realtà”. Ci sarebbero estranei anche in quasi sei secoli di Ducato bizantino, periodo di incubazione della Nazione napolitana. Croce e i suoi allievi hegeliani riducono alla coscienza morale di poche élites la vicenda dei popoli dell’Italia meridionale, che comincerebbe con i Vespri siciliani e finirebbe nel 1799. Poi sarebbe tutta “storia d’Italia”. La storiografia crociana ha cancellato ciò che non entrava nei suoi schemi ideologici.

Degradata a “municipalismo” l’identità culturale e politica napoletana. Ne è rimasto vittima un gigante come Bartolommeo Capasso (nella foto in alto) che, nel 1881 pubblicò il primo di tre volumi sul Ducato napoletano.

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CERCANDO LE TRACCE DELLA GRANDEZZA MEDIEVALE

Poche le testimonianze architettoniche rimaste, scarse fonti documentarie, ma l'oblio è voluto

Da “Il Ducato e Napoli Medievale”, di Gennaro De Crescenzo e Antonio Vito Boccia, pubblichiamo un brano per concessione di ABE-Arturo Bascetta Editore.

Il libro è stato presentato il 21 marzo all’Hotel Serapo di Gaeta nell’ambito dell’“Incontro identitario dei popoli delle Due Sicilie”.

Oggi ci troviamo di fronte a un autentico paradosso: conosciamo la storia della Napoli greca e romana ma sul cosiddetto Ducato di Napoli, definizione che utilizzeremo solo per esigenze di sintesi e semplificazione, un periodo complesso e lungo oltre seicento anni (VI-XII secolo), le ricerche e gli approfondimenti sono sempre stati limitatissimi. Se nel passato (magari per la storia della Napoli borbonica) la storiografia ha spesso utilizzato la categoria della damnatio memoriae, per quella del Ducato napoletano sono molto evidenti altri elementi come la scarsa presenza di fonti documentarie o anche archeologiche. Difficoltà oggettive a parte, la curiosa dimenticanza di un periodo storico così importante potrebbe essere conseguenza di una precisa scelta, una scelta, prima culturale e poi sostanzialmente politica: qui si inserisce quel dibattito che si accese, all’indomani dell’unificazione italiana, fra i sostenitori di una cultura italiana e internazionale e quelli che sostenevano, invece, la necessità di una cultura ancora napoletana (riferita ad una nazione napoletana/meridionale). Da un lato l’identità, le radici e l’orgoglio e dall’altro, le tesi post-unitarie di chi riteneva inutile, dannoso e superato lo studio di quel percorso, per fare spazio a nuove storie, a nuove radici e nuove identità […]. La storia del Ducato, allora, diventa paradigmatica e anche coerente con quella storia che, greca, latina e cristiana, dai Normanni ai Borbone, è la base di una nazione napoletana che spesso ancora oggi fornisce spunti per dibattiti vivaci e utili. Significativo un documento nel quale il Duca Sergio IV concede diversi beni e privilegi al monastero di San Gregorio “affinché le Sacre Vergini potessero pregare per i loro donatori e per la salute della patria”.

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