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la mostra
27 Giugno 2025 - 16:09
Un corpus di 102 fotografie selezionate secondo il taglio curatoriale della foto “per diletto”. Mercoledì 2 luglio alle 18, a Palazzo Ricca, sede della Fondazione Banco di Napoli (Via dei Tribunali 213) inaugura la mostra “Il tempo migliore – fotografie dalla collezione Rita e Riccardo Marone”, curata da Angela Madisani e Carla Viparelli. Il lavoro tratta della libera ricerca e sperimentazione di vari fotografi italiani che, nei primi decenni del ‘900 e soprattutto nel secondo dopoguerra, spesso riuniti in gruppi poi diventati storici come ad esempio la Società Cisalpina (tutt’ora operativa), la Bussola, l’Associazione Fotografica Misa, etc., gettano le basi per affrancare la fotografia dal mero uso documentaristico, e farla diventare una forma d’arte autonoma. «Nel linguaggio comune la parola ‘dilettante’ ha con il tempo assunto una valenza negativa - scrive Riccardo Marone - intendendosi riferita a qualcosa fatto con scarsa professionalità o in maniera incompetente, superficiale, velleitaria. In realtà, se consultiamo il vocabolario Treccani troveremo il significato originale del termine: “Chi coltiva un’arte, una scienza, uno sport non per professione, né per lucro, ma per piacere proprio”». Il catalogo, quindi, raggruppa i fotografi in base alle loro professioni: avvocati, imprenditori, ingegneri, commercianti, ecc.; ognuno di loro è in grado di ritagliarsi “il tempo migliore” da consacrare alla propria passione creativa e tecnica.
La Fondazione Banco di Napoli ospita per la seconda volta la collezione fotografica Rita e Riccardo Marone. Diverso il focus tematico, diverso il luogo che accoglie questa importante raccolta di documenti: riemersi dal “mare di storie”, che in autunno lambiva i monumentali faldoni dell’Archivio Storico al terzo piano, disseminando gli scaffali d'immagini dedicate al mare. Il nuovo spazio espositivo è nel cortile del Palazzo. «La mostra ben rappresenta uno degli intenti della mission statutaria della Fondazione - commenta il Presidente Orazio Abbamonte - quella di dare spazio ad autori e movimenti non necessariamente al centro di un conclamato mainstream, ma al contrario spesso appartati rispetto ad esso, ma dotati di spiccate qualità». L’esposizione comprende autori che riescono a emergere avendo un buon successo, come per i casi di Giacomelli e Davolio Marani, tuttavia la molteplicità degli sguardi che la compongono, portano ad approfondire tutto il background storico e sociale degli autori selezionati, fondendo arte e cultura in una unica esperienza di fruizione. «Come affermato da Giuseppe Turroni nel suo Nuova fotografia italiana, pubblicato da Schwarz nel 1959 - commenta Carla Viparelli - dagli anni ‘30 alla fine dei ‘50 la più significativa fotografia autoriale italiana non è stata realizzata dai professionisti, ma da figure come Giuseppe Cavalli, Mario Finazzi, Federico Vender, Arrigo Orsi, Ferruccio Ferroni, Paolo Monti, Giulio Parmiani, e alcuni altri che si dedicavano a questa forma artistica dopo avere terminato di occuparsi delle loro attività imprenditoriali, mediche, legali, commerciali». Tutti i fotografi rappresentati in mostra hanno avuto un altro lavoro, che ha permesso loro di dedicarsi alla fotografia senza doversi preoccupare di renderla “vendibile”. «In quel periodo la fotografia più interessante- ribadisce Angela Madesani - più significativa anche per gli esiti futuri, è nata come frutto della sperimentazione e della dedizione di alcuni personaggi che non hanno vissuto di fotografia ma che a essa hanno dedicato il loro tempo migliore».
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