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I luoghi dell'anima
01 Agosto 2025 - 16:27
Guido, un fedele in ascolto sulla tomba di Madre Pinella
NAPOLI. In questi giorni di caldo estivo, ci sono luoghi di Napoli che in pochi raggiungono e, immeritatamente, restano sconosciuti ai residenti, figuriamoci ai visitatori-turisti.
È stato un amico a volermici accompagnare, che ringrazio. Guido mi raccontava che, in passato, quando poteva raggiungere in scooter via Santa Maria ai Monti ai Ponti Rossi, ne era stato assiduo frequentatore. Questo luogo è un’oasi di pace dove si mira dall’alto il Golfo di Napoli, la penisola Sorrentina, Capri e il Vesuvio. Intorno l’aria è fresca e un angolo dà sul Bosco di Capodimonte. Non a caso, nel ‘500, il luogo veniva chiamato Bellaere o Belvedere.
Raggiungiamo questa collina in auto e, come prima tappa, la sosta prevede una visita al convento dei Padri Passionisti, fondato dal nobile Carlo Carafa nel 1606, e destinato alla Congregazione dei Pii Operai, da lui fondata, alla quale si potevano iscrivere tutti, donne e uomini.
Ci apre il cancello il Superiore, Padre Matteo Nonini che – nonostante sia ora di pranzo – paziente spalanca anche il portone della Chiesa tanto voluta da Carafa, al punto da aver lavorato egli stesso alla sua costruzione, con mezzi rudimentali, caricandosi sulle spalle pietre e calcinacci, cavando con le proprie mani la terra e tirando sopra le mura quei materiali che servivano alla fabbrica. Il fondatore della Congregazione dei Pii Operai era capace di fare due km a piedi per portare il materiale che serviva alla costruzione del convento e della chiesa.
Parlare di questo luogo sacro è doveroso, perché l’eremo è stato fondato da un santo napoletano. Ma, ancor più questo articolo vuole spingere il visitatore a raggiungere, più in alto, il convento delle Carmelitane Scalze. Qui, infatti, Guido compie un rito davvero originale: appoggia l’orecchio sulla tomba in marmo bianca di Suor Giuseppina (Pinella). Si trova a destra dell’altare maggiore. «Si narra che con l’orecchio sulla sua tomba, senti venire da dentro il rumore dello sgranare del rosario», spiega Guido, che mi mostra foto dei fedeli tutti in ascolto con la testa sul marmo. Ci provo anche io e ne resto impressionata. Avverto, infatti, come un ticchettio che, per mio scetticismo sono propensa a credere che provenga da qualche orologio lasciato nella tomba. Poi però il rumore si arresta e riprende in modo aritmico e infine scompare. Non è stata suggestione: il rumore ora non si avverte più e lo stesso Guido dice che non ha sentito proprio niente.
Ma torniamo alla Madonna dei Monti.
Dodici sono le celle dei religiosi del Convento. Oggi 6 Padri Passionisti e 6 studenti popolano la struttura, realizzata anche se più sobriamente, su progetto dell’architetto Cosimo Fanzago, richiamando elementi analoghi alla chiesa della Certosa di San Martino. I lavori iniziarono nel 1633 e furono ultimati nel 1656. Durante la peste del 1656, morirono tutti i Pii Operai , che avevano assistito la popolazione. Dopo la soppressione napoleonica e l’incameramento dei beni religiosi da parte del Governo dell’ Italia unificata (1866) vi furono profanazioni di cui il Padre Cipollone, in uno studio sull’origine del Convento, dice “È meglio tacere” , finche nel 1873 la Casa religiosa fu comprata da sacerdoti che la affidarono a una pia associazione di sordomuti , assistita dal Beato Filippo Smaldone.
La struttura passò nel 1900 ai religiosi Passionisti che ancora vi risiedono,
Non tutti i napoletani sanno di essere “protetti” dalla Madonna dei Monti. Padre Carlo Carafa, visitando la collina disse: «Qui voglio costruire una chiesa, collocarvi un bel quadro della Madonna e una casa per i miei religiosi».
La chiesa, nella sua pianta a croce greca, è fabbricata in muratura con un bel cornicione e con una cupola slanciata nel mezzo. Sui quattro pilastri della cupola fanno angolo quattro coretti con gelosia in legno, sorretti da colonnine dorate. I due altari laterali sono dedicati uno al SS.mo Crocifisso e l’altro alla Sacra Famiglia. Ai vani laterali dell’altare maggiore vi sono due grandi quadri a olio raffiguranti San Pietro in atto di battezzare e San Paolo in atto di predicare, opera del pittore Paolo De Maio.
Nell’altare della Sacra Famiglia vi è pure un quadro grande ad olio rappresentante una scena domestica della Sacra Famiglia, mentre il Crocifisso è in legno.
Nel 1711, il Superiore della casa dei Monti, don Tommaso Falcoia, poi Vescovo di Castellammare di Stabia, fece costruire l’altare maggiore di marmo su disegno del celebre pittore Francesco Solimena con la pregevole balaustra, e poco dopo fu messo in opera un elaborato pavimento in marmo e cotto, attribuito a Ferdinando Sanfelice. Nel 1714 il Tempio fu decorato con le pregiate Croci lavorate con più qualità di marmi.
Ma ciò che spicca è l’imponente pala d’altare raffigurante Maria ai Monti, come l’aveva desiderata Padre Carlo Carafa (proclamato Venerabile da Papa Gregorio XVI nel 1832) che voleva affidare la città di Napoli alla Madonna, posta in questo luogo alto e ameno. Il religioso commissionò il lavoro a Girolamo d’Arena, pittore allora noto a Napoli dal quale pretese che lavorasse solo di sabato, dopo essersi confessato e comunicato.
La Madonna con il Bambino in braccio è seduta sopra tre monti, è vestita di un manto ceruleo e di una veste color di fuoco. Il Bambino tiene in mano il mondo in atto di benedirlo con la sua destra. Ai lati del trono ci sono i due Santi apostoli Pietro e Paolo e intorno diversi angioletti. Regina degli Apostoli fu il titolo ufficiale della bellissima immagine.
Il Convento della Carmelitane Scalze è ancora più suggestivo.
Qui nessuno viene alla porta: la chiesa è sempre aperta. Si passa da un ingresso laterale e davanti alle reliquie della beata Maria Giuseppina Catanea che qui è giunta quando il monastero era nascente e ne è poi diventata priora.
Le suore sono di clausura. Nel loro convento tutto è lindo e fresco. Una camera con microfono lascia intendere che chiunque può raggiungere questo luogo per chiedere di aprire il proprio cuore alle religiose, la cui vocazione, come quella che fu della madre Giuseppina, è quello dell’ascolto e della preghiera. Ora però, sulla sua tomba si può “ascoltare”, grazie al prodigio del suono dello sgranare del rosario, come Guido mi ha indicato e io stessa ho sperimentato.
Ecco, questo è il luogo che vale la pena di raggiungere.
Fuori, c’è un orticello e, a pochi metri, c’è un ingresso del bosco di Capodimonte.
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