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20 Settembre 2025 - 09:47
Carla Persico ed Eduardo Caianiello in una foto del 1948
Un fisico teorico che ha dato il nome a un’equazione famosa nel mondo, ma che nel tempo libero scriveva lettere piene di affetto alla moglie. Uno scienziato severo nei calcoli, ma tenero nel lessico privato. Eduardo Renato Caianiello, napoletano classe 1921, è fra i protagonisti del Premio Pieve: la figlia Eva è stata selezionata tra i finalisti perché ha presentato la raccolta della sua corrispondenza con la moglie, Carla Persico: È un epistolario che attraversa decenni e che restituisce, insieme alla vicenda familiare, un frammento di storia del Novecento.
Domani la proclamazione dei vincitori del premio, promosso dall’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano, che dal 1984 porta alla luce diari, memorie e lettere custoditi in cassetti o scatole private. L’idea è semplice ma potentissima: ogni vicenda individuale contiene, a suo modo, la traccia di una memoria collettiva. Così, accanto alle storie di guerra o emigrazione, di lavoro e di sogni, quest’anno approda la voce di un grande fisico, con le sue parole intime che intrecciano scienza, politica e affetti.
Caianiello si laureò giovanissimo a Napoli con Antonio Carrelli, dopo aver conosciuto l’esperienza drammatica della campagna d’Africa. Nel dopoguerra, grazie al Piano Marshall, ottenne una borsa di studio al MIT e proseguì con un dottorato a Rochester, dove fu allievo di Robert Marshak, una delle figure centrali della fisica teorica americana. In quegli anni l’Italia scientifica era ancora povera di strutture, ma Caianiello si impose presto per intelligenza e velocità di pensiero.
Rientrato a Napoli, costruì un centro vitale di studi sulla fisica delle particelle e sulla cibernetica. Alla metà degli anni Sessanta era già un punto di riferimento internazionale, tanto che i suoi articoli furono alla base dello sviluppo delle reti neurali: le famose “equazioni di Caianiello” ancora oggi vengono citate in neuroscienze e intelligenza artificiale.
Eppure, al di là delle lavagne piene di simboli e delle conferenze internazionali, c’era un uomo che scriveva alla moglie in modo semplice, quasi disarmato. Nel 1948, a bordo della nave che lo portava negli Stati Uniti per la prima volta, Caianiello le scrive: «La mia salute è ottima – non ho sofferto di mal di mare… La cosa più simpatica è la compagnia dei miei sette colleghi, cui sono unito da un cameratismo strettissimo. Essenziale è per me il sapervi di buon animo: voglio che tutto vada bene anche per voi».
Non ci sono formule, non ci sono integrali. Ci sono invece la nostalgia e il bisogno di rassicurare, tipici di chi affronta un lungo viaggio senza la possibilità di una telefonata. Quelle lettere erano l’unico filo che lo teneva legato a Napoli, alla moglie e, più tardi, ai figli. . Qualche anno dopo, da Rochester, gli appunti si arricchiscono di particolari di vita americana: i colleghi, i caffè troppo lunghi, il freddo pungente degli inverni. Un fisico di frontiera che si lamenta, come un turista spaesato, delle abitudini locali. Gli anni italiani, invece, sono segnati dal peso della burocrazia e delle lotte universitarie.
Allora il tono è amaro: «La mia vita è piena di difficoltà e di battibecchi politici… mi sento più un corpo morto che un politico vincente perché ho dovuto fare “politica” e ho odiato ogni momento di tutto questo». Dietro l’uomo che discuteva con Feynman e Heisenberg, emerge un docente che deve fare i conti con riunioni interminabili e rivalità accademiche, quasi più faticose delle equazioni quantistiche. In quelle pagine si legge però anche la leggerezza di un legame affettuoso.
Eduardo si rivolge a Carla con vezzeggiativi, si preoccupa per la sua salute, chiede notizie dei bambini, confessa le proprie insicurezze. L’immagine è lontana dallo stereotipo del “genio distratto” chiuso nel laboratorio: è quella di un uomo che, pur immerso nella scienza, non dimentica mai di essere marito e padre. Lei gli risponde a tono, concreta e partecipe dei successi del marito, ma anche desiderosa di rivederlo: «Aspetto il tuo ritorno e quasi conto i giorni».
La corrispondenza diventa così il diario a due voci di una famiglia intellettuale italiana negli anni della ricostruzione e del boom economico. Negli anni Ottanta, Caianiello fonda a Vietri sul Mare lo Iiass, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e Scientifici, immaginato come un luogo dove scienza, filosofia e arte potessero dialogare. Non era solo un’idea accademica, ma la proiezione del suo modo di vivere: unire rigore e apertura, calcolo e immaginazione.
Fino alla fine resta fedele a questo approccio, pur logorato da problemi di salute. E nelle lettere continua a filtrare la sua umanità, quella che oggi la figlia Eva ha voluto consegnare al Premio Pieve, perché non andasse perduta tra le carte private. L’epistolario di Eduardo e Carla non è solo la storia di una coppia, ma il ritratto di un’epoca. Dentro ci sono le grandi questioni della scienza internazionale, i viaggi in America e in Europa, le difficoltà dell’università italiana, ma anche i gesti quotidiani: la nostalgia, la preoccupazione, il desiderio di normalità.
È proprio questa miscela a rendere intrigante il carteggio: dimostra come la scrittura privata non sia un genere minore, ma un documento prezioso che rivela l’altra faccia della Storia, quella che raramente finisce nei manuali. Eva Caianiello con questo epistolario consegna al pubblico non solo le carte di un grande scienziato, ma la voce intima di un uomo che sapeva parlare di equazioni e di tenerezza, con la stessa lucidità e la stessa urgenza.
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