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La riflessione

La Nuova Scarlatti, un fiore da salvare

Il 12 ottobre suonerà, forse, per l’ultima volta dopo trent’anni di attività

La Nuova Orchestra Scarlatti merita il supporto istituzionale

La Nuova Orchestra Scarlatti

La musica, il suonare e il cantare insieme, ci ricorda sempre il gigante Riccardo Muti, sono formazione e specchio della società. Come potrebbe doversi chiudere, allora, un’orchestra? E un’orchestra che a Napoli da trent’anni rappresenta proprio questo senso altissimo del vivere civile, questo valore insopprimibile della mutua solidarietà e del mutuo ascolto, questo camminare insieme di ragazzi verso la bellezza, unico faro di speranza al mondo, che gli orchestrali di ogni orchestra unisce? La Nuova Scarlatti, il 12 ottobre, suonerà forse per l’ultima volta dopo trent’anni di attività. Poi dovrà chiudere, per l’assenza stonata, opprimente, insensata di Comune, Città Metropolitana, Regione e Governo nazionale.

Non c’è motivo, non ce n’è uno, nessun motivo, per non voler destinare una briciola di bilanci troppe volte sbilanciati a quest’isola di fratellanza, che rappresenta l’anima più autentica di cosa i napoletani e la loro storia siano stati lungo i secoli. Di quei bilanci basterebbe un pezzetto, un pezzettino, e sarebbe il ritorno alla vita di un fiore tra i più belli della città dove lo studio della musica nacque per salvare, letteralmente salvare, i suoi figli sfortunati e abbandonati, conservandoli alla vita. Questo è il “conservatorio”, nome che oggi in tutto il mondo si riferisce alla sede degli studi musicali, che Napoli concepì quando era Napoli.

E leggenda vuole che Mozart abbia scritto al padre che un concerto qui valesse più di cento in Germania. Vero o no, il senso dell’affermazione non è però un’iperbole, perché Napoli fu sorgente chiara della musica del mondo e Mozart, che era Mozart, lo sapeva. E allora Napoli non può permettersi di chiudere oggi un’altra Scarlatti, dopo la sciagurata chiusura della prima di decenni fa. Non può.

La Nuova Scarlatti non è un di più per Napoli, ma è un altro, dopo altri mille altrettanto grandi lungo i secoli, dei suoi miracoli. Napoli è un immenso giardino di miracoli e non riconoscerlo, non coltivarlo, non proteggerlo, non è da Napoli e non è da Napoletani. Perché Napoli la sua bellezza, la sua poesia, la sua musica, non le cancella e non le spegne. Altrimenti non è Napoli.

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