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L'intervista

Creatività a tutto tondo

Jacopo Fo si divide fra libri, teatro, impegno sociale e affetti vissuti con ironia e ottimismo

Creatività a tutto tondo

Jacopo Fo

Curioso, versatile, nonché autore prolifico con cinquantacinque libri all’attivo, Jacopo Fo (nella foto) è soprattutto un affabulatore affascinante e ironico. Un artista a tutto tondo, sia sul palco sia nella chiacchierata che segue la sua interpretazione di “Sex and zen remix”, andato in scena a Villa di Donato fra applausi scroscianti e risate divertite.

“Sex and zen”, da sempre un suo cavallo di battaglia, affronta le cose di sesso con tanta ironia. Ma è davvero qualcosa su cui scherzare?

«Ma è assolutamente necessario. Anzi, di più: è fondamentale. Ci rendiamo conto che uno dei prodotti di consumo più diffusi è la paura? In tutte le serie che guardiamo c’è sempre di mezzo la violenza, lo stupro, il furto del bambino. Questa è cultura spazzatura che fa male più del cibo spazzatura. Ci sono molti consumatori di pessimismo, convinti sostenitori del fatto che andiamo verso il disastro totale. Invece io faccio parte di quelle persone, e sono tante, che fanno opposizione a questa visione. In quest’ottica, il movimento pacifista è una speranza».

Non la allarma il numero crescente di femminicidi?

«In passato erano molti di più. Nelle famiglie succedeva di tutto ma non lo si veniva a sapere. Oggi se ne parla perché, grazie alla rete e ai social, la comunicazione è diventata veloce e diffusa. Si denuncia perché c’è la consapevolezza che questa mattanza non è più tollerabile. Nella società e nella scuola in particolare, vedo che c’è un impegno notevole nell’educare i maschi in maniera non violenta».

Cosa è cambiato nel rapporto di coppia rispetto al suo libro sull’argomento scritto più di trent’anni fa?

«La paternità è cambiata in maniera pazzesca. Sui social ci sono centinaia di migliaia di video di giovani padri che fanno vedere come giocano con i bambini. Ugualmente c’è una quantità incredibile di persone che sui social parlano di cose importanti della vita, di amore, di amicizia, di pace, c’è insomma una grande esplosione di cultura. Molti non lo sanno e pensano che la rete sia solo un veicolo di negatività. Invece è un osservatorio molto interessante da cui è possibile vedere ciò che è cambiato tantissimo nell’idea di maschio, quindi nel rapporto uomo-donna: i mariti che lavano i piatti cominciano ad una maggioranza significativa».

A proposito di paternità: cosa ha significato per lei essere figlio di un premio Nobel?

«I vantaggi sono stati enormi. I miei genitori, Dario Fo e Franca Rame, erano persone con un grande cuore, capaci di emozionarsi e dimostrarti affetto e amore. Mi hanno regalato una grande autonomia: io a sedici anni vivevo da solo sei mesi l’anno perché loro partivano in tournée. Sono sempre stato molto responsabilizzato. Ciò non toglie che mia madre, se facevo qualcosa che non andava, mi parlava per un’ora e mezza e mi spiegava che avevo fatto una stronzata. La fiducia è essenziale. Come puoi costruire una relazione con un figlio se non gli concedi la stima?».

Lei ha due figlie adulte che l’hanno resa nonno ma è anche padre di un bambino di un anno. Come si trova in questa triplice dimensione?

«Credo che alla mia età l’esperienza porti ad avere una grandissima sensibilità nei confronti dei bambini: per quello che fanno, per come crescono, per i loro progressi incredibili. La mia nipotina più grande ha 19 anni e sta studiando regia mentre il mio ultimo mio figlio sta studiando come si cammina. È una grande occasione per vedere la bellezza del mondo. Col tempo, cresce anche la mia sensibilità».

Oltre al lavoro di attore e autore, lei si dedica alla Libera Università di Alcatraz che ha fondato a Gubbio 45 anni fa.

«Lì ho un impegno sociale. Facciamo corsi di ogni tipo. Nel nostro gruppo insegnante ci sono quindici specialisti fra neurologi e psichiatri, facciamo un lavoro sulle terapie complementari: il gioco, il teatro, la musica, possono migliorare l’efficacia di una cura per persone con difficoltà sociali e malattie mentali. Ma Alcatraz è anche un centro di ecotecnologie per architetti e ingegneri. Abbiamo salvato un bosco di 4milioni di metri quadrati, con un parco museo, e un progetto sociale, gestito da donne sopravvissute alla violenza: lavoriamo con l’associazione Kore e formiamo delle donne organizzando loro una professionalità. Ma ci occupiamo anche di cultura digitale».

In che modo?

«A fine mese, dal 26 al 30 novembre, farò un corso gratuito su come usare internet e l’intelligenza artificiale per acquisire professionalità, in un piccolo centro sulle Madonie, Isnello, in provincia di Palermo. È un progetto pazzesco che mi ha immediatamente coinvolto: sono stato chiamato dal sindaco per trovare unidea su come aumentare il turismo.. Lì c’è un osservatorio fra i più importanti d’Europa intorno al quale il direttore ha creato un parco di osservazione astronomica. Io ho avuto l’idea di realizzare una sorta di reinvenzione di Stonehenge, con pietre alte 6 metri con una tacca al centro che fa guardare esattamente il punto del solstizio. Lo realizzeremo con un finanziamento del pnrr e intanto avviamo i corsi per formare persone in grado di comunicare».

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