Tutte le novità
Il libro
01 Dicembre 2025 - 08:32
La sera, a Napoli, arriva come un sipario lento. I vicoli si stringono, le voci cambiano timbro, il mare si fa più scuro, e le storie, quelle vere, quelle che non si confessano mai del tutto, cominciano a muoversi. Paolo Carbone lo sa. Cammina tra quelle strade da anni, anche quando non c’è fisicamente. Ci torna spesso, ogni dieci giorni circa, perché “con Napoli il legame è stretto”, come dice lui, quasi fosse un parente ingombrante e amatissimo al quale non puoi sottrarti.
Carbone, investigatore erede di Tony Ponzi, ha costruito un mestiere che vive tra due mondi: quello dei drammi familiari e quello dei set hollywoodiani, tra il pianto trattenuto in un appartamento anonimo e il glamour di George Clooney, Matt Damon, Nicole Kidman.
Nel suo libro ‘Quasi come Sherlock Holmes – Storie e vita di un investigatore’, racconta questo doppio mondo senza sconti né mitizzazioni. Il suo sguardo è lo stesso di chi ha visto tanto e continua a vedere.
La Campania pesa per il 30% delle richieste che arrivano alla sua agenzia. E già questo basta a raccontare un territorio inquieto, pieno di domande, sospetti, attese: “Le richieste che giungono dalla Campania si attestano intorno al 30%”, spiega senza enfasi. “Dall’infedeltà alla sicurezza aziendale, fino alle bonifiche dei cellulari. Ora tutti si sentono spiati”.
Mentre parla, sembra guardare qualcosa che noi non vediamo: un dettaglio dietro la porta, un’ombra appesa a un ricordo. In questi giorni sta lavorando a un caso legato alla legge 104. Un’azienda campana sospetta un dipendente. Carbone osserva, raccoglie frammenti, ricostruisce.
Il suo lavoro è un mosaico fatto di tessere minuscole.
La storia di Carbone non comincia nei vicoli, ma in Polizia. E poi nell’antiterrorismo. E poi ancora in un ufficio dove entra nel 1995 e incontra un uomo che gli cambierà tutto: Tony Ponzi. “Tantissimo”, risponde quando gli si chiede quanto Ponzi abbia influito sulla sua formazione: “Ho cominciato a collaborare con lui nel 1995. Da lui ho appreso metodi utili alla professione. Sono diventato socio, ho rilevato quote dell’agenzia e col tempo ha ritenuto potessi essere il suo giusto erede”. Nelle sue parole c’è un filo di gratitudine, ma anche la consapevolezza che quel mondo non esiste più: “Oggi è cambiato un po’ tutto, per la privacy e non solo”.
Nel libro c’è una storia che taglia il fiato. Una donna campana, bellissima, che non ha retto alla verità scoperta: l’infedeltà del marito. Una storia che ha colpito anche lui, che è abituato a vedere il dolore da dietro un vetro invisibile: “Un caso che mi ha segnato profondamente”, dice. La voce si abbassa, quasi per rispetto. “Da quel caso ho imparato come comunicare certe cose. E ho inserito in agenzia una psicologa psicoterapeuta. In determinati casi, a coadiuvarmi, è mia figlia Claudia”.
Una scelta che non tutti avrebbero fatto. Una scelta che racconta più di mille frasi.
Gli chiediamo se si è mai sentito in colpa. La risposta è chirurgica, lucida, tremendamente vera:
“No. Per quanto possa affezionarmi a un cliente, si tratta del mio lavoro. La signora voleva sapere la verità. Non potevo mentirle. Il nostro mestiere dà tanto, ma toglie anche tanto, a livello emotivo”.
Poi c’è l’altra metà della sua vita: quella in cui si muove tra attori, telecamere, trame cinematografiche che stavolta sono finzione, non indagini. “Ho iniziato con George Clooney”, dice come se parlasse di un vecchio amico. Poi snocciola nomi che sembrano strappati da un red carpet: Brad Pitt, Matt Damon, John Travolta, Nicole Kidman, Patrick Swayze. Il suo primo vero salto? La security sul set romano di ‘Ocean’s Twelve’. Da lì in poi è stato un vortice. Finché non arriva l’incarico più blindato d’Europa: il matrimonio di Tom Cruise e Katie Holmes: “Non doveva trapelare nulla dell’evento. Né foto, né video. Niente”. Lo dice con un mezzo sorriso: il sorriso di chi sa che in certe storie il silenzio è più prezioso di qualunque scoop.
Oggi, però, il fronte più caldo non è il cinema né i tradimenti. Ma i ragazzi. I social. Le nuove fragilità. “Tanto”, dice quando gli si chiede quanto sia diffuso il fenomeno in Campania: “Molti genitori, soprattutto di fascia medio-alta, ci chiedono di monitorare i figli. Paura di cattive compagnie, situazioni rischiose…”. È una geografia emotiva nuova: non più vicoli, ma schermi; non più attese in auto, ma tracce digitali.
Il libro nasce dopo una perdita che Carbone non sa ancora nominare senza una pausa: “Ho sentito l’esigenza di pubblicarlo dopo la scomparsa di mio fratello Marco, il cui figlio è autistico”, racconta.
È per questo che i ricavati andranno all’associazione ‘Siamo Delfini – Impariamo l’autismo’.
Un gesto che è un ritorno, un cerchio che si chiude. Come agenzia sostiene anche la Casa di Peter Pan e il centro Arvalia. Perché certe storie chiedono cura, non solo indagini.
Ma a un giovane che vuole diventare investigatore? Carbone guarda lontano, come chi ha già visto tutte le versioni possibili della stessa domanda: “Che il nostro è un lavoro difficile”, dice. “Affascina, dà soddisfazioni, ma richiede sacrifici. Non pochi”. Il punto è tutto lì: non un mestiere patinato, ma una vita di scelte, ombre, intuizioni, notti lunghe, domande senza risposta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Copyright @ - Nuovo Giornale Roma Società Cooperativa - Corso Garibaldi, 32 - Napoli - 80142 - Partita Iva 07406411210 - La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo - Il giornale aderisce alla FILE (Federazione Italiana Liberi Editori) e all'IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo giornale può essere riprodotta con alcun mezzo e/o diffusa in alcun modo e a qualsiasi titolo