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04 Dicembre 2025 - 14:35
Cales e la sua storia meritano rispetto
CALVI RISORTA. Capitale d’Ausonia, cantata da Orazio, Tacito, Tito Livio, Strabone e Catone, patria ideale di Cicerone, che se ne dichiarava orgoglioso cittadino onorario, Cales fu una delle città più splendide della Campania antica: teatro, anfiteatro, doppi impianti termali, un’estensione urbana pari a quella di Pompei, sessantaquattro ettari di storia sospesa. Eppure è stata abbandonata, saccheggiata, violentata dalla modernità cieca.
L’autostrada del Sole, nel più grande scempio culturale del dopoguerra, ha piantato i suoi pilastri proprio al centro della città antica, tagliando la via Latina e gli antichi necropoli etruschi. Là dove sfilavano consoli e senatori oggi ruggisce il traffico, mentre sotto cinque, forse sei metri di terra — protette da una vegetazione che è diventata corazza — dormono meraviglie ancora integre per il 60-70% della loro estensione originaria.
Cales è stata lasciata sola.
E in quel silenzio, i primi ad arrivare sono stati i tombaroli: decenni di devastazioni che hanno riempito i musei del mondo ma svuotato di memoria il luogo che generò quei tesori.
LA BATTAGLIA DI UNA VITA
Da anni, in solitudine quasi monastica, chi ama Cales lotta perché questa storia non scompaia del tutto.
Perché la memoria di un popolo non sia maceria.
Ci è voluto un libro — “Cales, il grande oltraggio” — per riportare nel dibattito nazionale ciò che lo Stato aveva archiviato.
La Rai ne ha tratto uno speciale di Matteo Berdini che continua a circolare perché Cales è diventata il simbolo nazionale del potenziale mortificato.
Ci è voluto il coraggio della politica migliore — quella che ascolta, quella che visita i luoghi, quella che si sporca le scarpe nel fango — per provare a invertire la rotta. L’onorevole Agostino Santillo e i parlamentari del Movimento Cinque Stelle hanno presentato un emendamento da un milione di euro per garantire almeno l’accesso alla città sepolta dalla Casilina.
«Solo un primo passo», hanno detto. E avevano ragione: di milioni ne servirebbero almeno venti solo per iniziare a far respirare ciò che resta della città.
Ma era un inizio.
Un gesto di cura.
Una presa di coscienza, finalmente.
LA DERISIONE IN DIRETTA NAZIONALE: UNA FERITA APERTA
Poi, qualche settimana fa, la ferita.
La trasmissione “L’Aria che tira”, su La7, ha trasformato decenni di battaglia civica in una gag da salotto.
“Un milione per il parco archeologico che non c’è” era scritto sulla slide alle spalle degli ospiti divertiti.
Tra battutine fuori luogo e collegamenti caricaturali, si è derisa una comunità intera, si è calpestata la credibilità di una battaglia etica e culturale, si è sminuito il lavoro di chi — denunciando anche la malavita locale — ha rischiato e rischia sulla propria pelle.
Ma Cales esiste.
Eccome se esiste.
Lo sanno bene magistrati come Catello Maresca, che entrando nel bunker della famiglia Zagaria trovò intere gallerie di reperti trafugati proprio da Cales.
Lo sanno archeologi come Maiuri e Johannowsky, che la definirono “scrigno inesauribile”.
Lo sanno i musei del mondo, che espongono ciò che Calvi Risorta non riesce nemmeno più a immaginare.
La derisione è figlia dell’ignoranza.
E l’ignoranza è figlia di un Paese che non studia più la propria grandezza.
CALES MERITA DI TORNARE A VIVERE
Cales non è un cumulo di rovi.
Non è un capriccio di nostalgici.
Non è un esercizio di archeologia da salotto.
Cales è una Pompei non ancora scoperta.
Un capitale culturale che potrebbe generare lavoro, turismo, ricerca, identità, futuro.
Per questo oggi serve un patto nuovo:
uno Stato che finalmente decida di investire seriamente,
una politica che smetta di voltarsi dall’altra parte,
un popolo che ritrovi orgoglio e consapevolezza,
un mondo dell’informazione che si prenda la responsabilità di raccontare, non di dileggiare.
Cales può ancora rinascere.
Cales deve rinascere.
Perché una comunità che lascia morire la propria storia è destinata a non avere futuro.
E perché un Paese che non sa riconoscere i suoi tesori è un Paese che smarrisce se stesso.
Il tempo per salvare Cales non è finito.
Ma è adesso.
E non si può perdere un minuto di più.

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