Perché a Napoli si cambia frequentemente i nomi delle strade? La polemica sulla “toponomastica fai da te” continua sulle pagine dei giornali e sui social. Così, ribadendo i concetti esposti nella la lettera di luglio al Prefetto, sottoscritta da circa duecento cittadini e da diverse associazioni civiche, Raffaele Aragona è tornato alla carica sulle colonne del Mattino dove ha ricordato che un Regolamento vigente nel Comune di Napoli stabilisce che “nessuna strada o piazza pubblica può essere denominata a persone che non siano decedute da almeno dieci anni” e che, se tocca al Prefetto concedere una eventuale deroga, questa deve essere l’eccezione e non la regola. In questo caso il rischio è quello di lasciare alla momentanea emotività popolare - sollecitata dalla recente scomparsa di un cantante, un attore, un personaggio pubblico - il potere di intervenire in maniera irreversibile sulla memoria storica della città e dunque sulla sua identità. I nomi delle strade infatti, non sono mai casuali. Lo sapeva bene Gino Doria che alle “Strade di Napoli” dedicò un documentatissimo volume recentemente ripubblicato dall’editore Grimaldi con una dotta prefazione di Fabio Mangone. Lo dimostra anche il nuovo libro di Carlo De Cesare che sta per andare in stampa per i tipi della Società Napoletana di Storia Patria, s’intitola “Arti e mestieri nei nomi delle strade di Napoli”: vi si racconta di un giovanissimo Benedetto Croce che già allora teneva a sottolineare il valore storico dei nomi delle vie cittadine. Per contro, scrive Aragona “La facilità con la quale oggi si propongono e si attuano cambiamenti di toponimi intervenendo su una strada, una piazza o uno slargo per gratificare personaggi certamente meritevoli di ricordo, ma senza tener conto del vincolo dei dieci anni, rappresenta una preoccupante deriva; essa lascia all’improvvisazione e agli umori del momento il campo di attuazione di una scienza, quale è la toponomastica, che proprio per il suo spessore non ammette improvvisazioni e chiede riflessione”. Non fu certamente casuale infatti la decisione degli amministratori di qualche generazione fa di caratterizzare la toponomastica dei nuovi quartieri con scelte coerenti: si pensi ai poeti latini per le strade che gravitano intorno a via Petrarca, e agli artisti per quelle vomeresi. Ma la coerenza è possibile solo c’è una progettualità di lungo respiro e che quindi non preveda cambiamenti repentini. Lasciar passare almeno un decennio prima di intitolare una strada a una personalità, significa anche assumere una prospettiva storica che permetta di valutarne oggettivamente e senza cedimenti emotivi l’autorevolezza e il prestigio. Altrimenti si rischia di cadere in una logica da tv generalista in cui ad aver valore è la quantità del pubblico e non la qualità dei contenuti. Ed è forse proprio assumendo una prospettiva qualitativa che Aragona fa notare che a nessuno è venuto in mente di intitolare una piazza a Giuseppe Galasso, autore di una monumentale Storia del Regno di Napoli che è il punto di partenza per ogni studio serio sul Mezzogiorno. E neppure, aggiungo io, a Gerardo Marotta, che con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha creato una cittadella della filosofia che per decenni è stata un punto di riferimento internazionale. “Credere nella legalità - si chiede sconfortato Aragona - e nel peso scientifico delle norme è prerogativa solo di pochi?”. La polemica si sarebbe risolta con questo triste finale meditabondo, se l’articolo non fosse rimbalzato su facebook che ha ospitato numerose e stimolanti riflessioni. Così se l’architetto Francesco Bruno auspica «che il prefetto e la Clemente (l’assessore Alessandra Clemente ha la delega alla toponomastica, ndr) abbiano facoltà di comprendere», la pedagogista Patrizia de Mennato si definisce «piuttosto rigida sull’argomento. Non sono d’accordo - precisa - a cambiare le denominazioni storiche. Pensate a via Roma che è tornata Toledo e viale Gramsci che è tornato viale Elena» e propone di «pensare a nuove strade oppure a targhe ricordo». Una critica esplicita al sindaco nelle parole dell’ingegnere Stefano Civita: «A me pare che le nuove intestazioni delle strade, l’apposizione di targhe e la concessione di cittadinanze onorarie siano fatte ad uso e consumo di chi le propone che vuole in questo modo godere di luce riflessa». Molti altri danno più peso la sostanziale illiceità di un“intitolazione troppo precoce, uno per tutti l’imprenditore Luigi Iavarone, che stigmatizza «la toponomastica illegale come strumento di consenso» e, per contro, denuncia il degrado del «Cimitero delle Donne e Uomini illustri abbandonato nelle condizioni che ogni 2 novembre la stampa liturgicamente documenta e ricorda». Napoli, a suo avviso è «Una città che rifiuta ad un tempo la modernità e il passato e vive un presente vacuo ed irrilevante».