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IL PERSONAGGIO
13 Gennaio 2025 - 18:42
Vincenzo Antonucci, giovane attore nato nel cuore pulsante del Rione Sanità di Napoli, si è fatto notare grazie al suo ruolo nella serie Sky Piedone – Uno sbirro a Napoli. Nei panni di Manuel, un ragazzo che sogna di diventare pugile ma si scontra con le insidie di un quartiere difficile, Antonucci porta sullo schermo una storia di lotta interiore e ricerca di riscatto, toccando corde profonde e universali. Il suo percorso lo conduce ora a Come un padre, la serie diretta da Luca Miniero con protagonista Carmine Recano, dedicata a don Antonio Loffredo, figura simbolica per la rinascita del Rione Sanità. Per Vincenzo, questa esperienza è anche un’occasione per rivivere e rielaborare la realtà del suo quartiere, in cui cultura e impegno sociale si intrecciano a sfide quotidiane e possibilità di cambiamento.
Chi è Vincenzo Antonucci e come si è avvicinato alla recitazione?
Vincenzo è un ragazzo nato e cresciuto nel Rione Sanità di Napoli. Mi sono avvicinato alla recitazione proprio grazie al mio quartiere, frequentando corsi all’interno di una chiesa inutilizzata, trasformata in teatro per i ragazzi. Teatro che tutt’ora frequento e gestisco insieme ai miei amici. Recitare è diventato uno sfogo per le mie emozioni: poter diventare qualcun altro ed essere libero di abbattere ogni schema è ciò che mi appassiona di più in questo mondo. Sono una persona piuttosto riservata e timida, ma la recitazione mi consente di mettermi a nudo. Il bello del cinema e del teatro è che puoi smettere di essere te stesso, ignorare le regole e superare i limiti: in questo mondo, tutto è possibile.
Il tuo personaggio, Manuel, nella serie “Piedone - Uno Sbirro a Napoli” sceglie la strada sbagliata, ma si ravvede. Che rapporto si è creato tra te e questo personaggio e cosa pensi abbia trasmesso al pubblico?
Manuel, come me, viene da un quartiere popolare. Nonostante la bellezza che lo caratterizza, per anni è stato etichettato come un quartiere “difficile”. In un contesto del genere è fondamentale trovare una via alternativa, un pretesto per scegliere la strada giusta. Così come è successo a me con il teatro, per Manuel è stata la passione per la boxe a offrirgli una grande opportunità di rinascita. Credo che il pubblico si sia affezionato a Manuel perché, in fondo, è un giovane buono d’animo, anche se impaurito dal futuro che lo attende. Questo timore lo porta a perdere di vista i suoi obiettivi, ma nei suoi occhi si legge la speranza di cambiare il proprio destino. La morte di Carmine, poi, segna profondamente le sue scelte future.
Un personaggio che sembra in via di sviluppo… Hai notizie sulla seconda stagione?
Al momento non ci sono notizie ufficiali, ma è molto probabile che ci sia un seguito, dato il successo riscosso dalla serie. Mi piacerebbe che Manuel avesse finalmente il suo riscatto, coronando il sogno di diventare un grande pugile e portando avanti la palestra insieme ad altri ragazzi come lui, in nome del suo più caro amico. L’ispettore Palmieri potrebbe diventare il suo nuovo punto di riferimento: dopo la perdita del loro migliore amico, condividere il dolore potrebbe avvicinarli, magari collaborando per rendergli giustizia.
Il Nuovo Teatro Sanità è stato fondamentale per il tuo percorso…
Il Nuovo Teatro Sanità è stato per me il “luogo delle occasioni” e di grande crescita. Come dicevo, all’interno della Chiesa dell’Immacolata e San Vincenzo è nato il Teatro Sanità, inizialmente gestito da Vincenzo Pirozzi. Poi, con l’arrivo di Mario Gelardi, è nata l’associazione NTS, di cui sono stato socio e promotore per circa 10 anni. Qui abbiamo creato un vero e proprio teatro, con corsi di alta formazione, una compagnia teatrale e la produzione di 9 stagioni. È il luogo dove mi sono formato maggiormente, ricevendo fiducia e opportunità per mettermi davvero in gioco.
A proposito di Sanità: presto ti vedremo nella serie ispirata alla vita di Padre Antonio Loffredo. Puoi dirci di più sul tuo personaggio? Cosa si prova a vivere un progetto così vicino alla tua storia?
La Sanità è la mia casa e prendere parte a questo progetto è stato meraviglioso. Sono cresciuto vivendo questo contesto e osservando come il quartiere è cambiato e migliorato negli anni. Rivivere le storie delle persone presenti in questo racconto, diretto da Luca Miniero, è stato un viaggio emozionante. La serie racconta anche la nascita del teatro in cui sono cresciuto. Molte delle persone menzionate sono miei amici, e ho visto con i miei occhi quello che hanno costruito. Ringrazio Luca e la MAD per avermi dato questa opportunità.
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