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il racconto
09 Agosto 2025 - 16:23
Ottant’anni, oggi, da quella che possiamo identificare come l’esplosione che davvero pose fine alla Seconda Guerra Mondiale. Sì, perché fu proprio la bomba sganciata su Nagasaki quel 9 agosto del 1945 a rendere chiaro al Governo e all’Imperatore del Giappone che il nemico fosse in possesso di un’arma replicabile all’infinito, capace di disintegrare in meno di un secondo intere città, e con esse decine di migliaia di esseri umani.
Alla ricerca di un filo di vento, nella calura che si è già riappropriata di tutto il Sud Italia, Gennaro se ne va in giro per i vicoli di Matera e, memore dei racconti di guerra di suo nonno (a ben vedere, sono sempre i lenti giorni d’agosto a far riaffiorare certi ricordi) pensa a come saranno stati vissuti, lì nelle segrete stanze dell’Imperatore Hirohito, i tre drammatici giorni che separarono l’annientamento di Hiroshima da quel secondo, decisivo lancio.
Proiettato nell’agosto del ’45 e preso a fantasticare di speranze, strategie, discussioni tra generali e governanti, Gennaro è improvvisamente attratto da una voce che, gracchiante, pare parlare proprio a lui dall’altoparlante di un tablet.
Si pone in ascolto e sente “Ogni uomo desidera la pace, eppure si prepara alla guerra… E’ un dualismo eterno, necessario”. Incuriosito, trova un po’ d’ombra ai piedi di una grossa scultura in bronzo e continua ad ascoltare: “Quando seppi che l’Imperatore aveva accettato di arrendersi al nemico, sentii un profondo vuoto qui nel petto, e fu come se la mia anima si fosse dissolta assieme a quella delle migliaia di connazionali periti in pochi attimi, per colpa della bomba atomica…”.
Ben presto Gennaro scopre che la voce è quella di Kengiro Azuma, noto scultore giapponese che a soli 17 anni si arruolò nella marina giapponese come pilota kamikaze, e che ebbe salva la vita solo grazie alla rapida resa del suo Paese, dopo i due spaventosi bombardamenti. Quello che sta ascoltando -quasi di nascosto- è un podcast che racconta proprio di quei giorni in Giappone, di “Little Boy”, “Fat Man” e di tutto ciò che da quell’immane tragedia è derivato.
Mentre l’attenzione di Gennaro è ormai tutta per quella voce un po’ metallica, l’artista prosegue: “Dopo quel lungo periodo buio, qualcosa di profondo e forte nacque dentro di me, trasformando il profondo vuoto in cui ero precipitato nella necessità di riempirlo. Proprio come nella filosofia Zen il vuoto (Mu) esiste solo perché esiste il pieno (Yu) e viceversa”.
La biografia dell’artista ci racconta che quel fuoco sacro, la voglia di rinascere da una delle più grandi tragedie della Storia, è lo stesso in cui Azuma ha fuso metalli per oltre sessant’anni, per dar vita alle sue opere. Il giovane Kengiro, infatti, si laureò in scultura e riuscì a trasferirsi a Milano nel 1956 con una borsa di studio. Dal 1962 e fino alla sua morte (2016) si stabilì, visse e produsse tantissime opere proprio nel capoluogo lombardo.
“Quante volte in mezzo alla lava, dopo anni dall’eruzione nasce una ginestra, e il paesaggio devastato dal fuoco ricomincia a profumare? Quante volte serve il vuoto, perché qualcosa torni a riempirlo?” Azuma, intento ormai a descrivere le sculture a lui più care, spiega così il significato della sua opera La Goccia: “Essa nasce proprio dal mio profondo bisogno di riempire il vuoto che vissi dopo la resa del Giappone, e rappresenta il ciclo di vita dell’acqua che dapprima diventa goccia, destinata ad infrangersi sulla terra per nutrirla e darle vita, e successivamente evapora in cielo per ritornare ad essere goccia e ricadere nuovamente sulla terra: vita che genera vita, disintegrandosi per poi tornare a regalarne altra".
Una metafora, dunque, dei cicli che un uomo percorre nella sua vita: ci s’infrange, a volte, ma si deve avere la consapevolezza che si può sempre rinascere.
Il narratore chiude il racconto dell’incredibile vita dell’artista spiegando che l’opera in questione, un unico blocco di bronzo alto tre metri, si trova proprio nella città di Matera, lì, in Piazza Pascoli…
Solo allora il nostro Gennaro, sobbalzando quasi come se si fosse risvegliato da un sogno, alza lo sguardo su ciò che l’aveva protetto dal sole durante il suo inaspettato viaggio nel “vuoto-di-dentro che tutti abbiamo bisogno di riempire” e con un sorriso stampato in volto, torna a passeggiare tra sassi e ricordi.
Coincidenze, percorsi di vita, destini, tutto in un racconto di mezza estate ascoltato per caso.
Ma a chi volesse davvero “porsi in ascolto” assieme a Gennaro -in un giorno che pesa nella storia dell’umanità come bronzo tra sassi millenari- queste righe potrebbero suggerire una riflessione: quante volte dal vuoto e dalla desolazione si rinasce? E quanto siamo in armonia col breve percorso della bellissima goccia d’acqua, che s’infrange sul terreno sapendo già che proprio attraverso di esso tornerà ad esistere di nuovo?
Chissà se volgere un pensiero alla sapiente goccia mentre si è alle prese con i bollini rossi delle autostrade, il calciomercato, la crisi economica e queste fastidiose zanzare, non possa aiutare tutti noi a guardare le cose da un’altra prospettiva e, come il giovane Kengiro, mettere le mani sul nostro destino.
Carmine Ciniglia
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