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gusto&sapori
30 Dicembre 2025 - 10:43
C’è una macinatura lunga e coerente, fatta di tempo, competenza e visione, che ha scandito il 2025 di Polselli. Non un avanzare frettoloso, ma un procedere consapevole, come accade nei molini che conoscono il valore dell’attesa. Un anno vissuto tra grani scelti con criterio, mani che sanno riconoscere la materia e distanze percorse non per conquistare mercati, bensì per incontrare culture. La farina Polselli da Arce ha continuato a farsi strada nel mondo con la discrezione delle cose ben fatte. È arrivata lontano senza bisogno di proclami, parlando la lingua universale dell’impasto riuscito. Dall’Argentina al Belgio, dal Messico a Parigi, passando per Las Vegas, il Perù, Seoul, Singapore, Tokyo, Arabia Saudita, Malaga e Città del Messico, fino agli appuntamenti italiani di Rimini, Roma e Siena, il messaggio è stato sempre lo stesso: dietro ogni sacco c’è un’idea precisa di lavoro, serietà e rispetto per chi trasforma la farina in cibo quotidiano. A tenere insieme questo disegno c’è la guida solida e misurata di Emiliano Polselli. Un passo fermo, mai autoreferenziale, capace di custodire l’eredità familiare senza trasformarla in nostalgia. La tradizione, qui, non è una vetrina: è un banco di prova continuo. Al suo fianco, la compattezza della famiglia e l’energia lucida delle nuove generazioni, Benedetta e Arianna De Angelis Polselli, già immerse in un percorso che guarda avanti senza smarrire il senso dell’origine. Essenziale, nel quadro internazionale complessivo, tra gli altri, il contributo di Paolo Parravano, docente dell’Academy Polselli, figura-chiave nel dare struttura e metodo a un sapere che non resta chiuso in azienda ma si apre alla formazione, al confronto, alla crescita condivisa. È un lavoro silenzioso e fondamentale, che rende la qualità replicabile senza renderla anonima. E poi c’è Luigi Cinquegrana, export manager e interprete instancabile del progetto Polselli nel mondo: un viaggiatore del gusto che racconta la farina come si racconta una storia vera, fatta di fiducia, ascolto e relazioni costruite nel tempo. Questo anno racconta una verità semplice e spesso dimenticata: la qualità non nasce dall’eccezione, ma dalla coerenza. È il frutto di scelte quotidiane, di responsabilità verso la materia prima, di attenzione verso chi impasta, cuoce e serve. Oggi la farina non può limitarsi a funzionare bene: deve essere comprensibile, trasparente, affidabile. Polselli ha dimostrato che crescere è possibile senza perdere misura, e che l’innovazione ha senso solo se migliora davvero ciò che mangiamo. Mentre il calendario si chiude e le immagini di forni, fiere e incontri restano come appunti di viaggio, emerge una morale diversa, forse più concreta: il futuro della farina non appartiene a chi corre di più, ma a chi sa restare credibile. A chi costruisce valore senza consumarlo. Con questo spirito Polselli si prepara ai prossimi passi, a partire dal Sigep di Rimini a gennaio, non per celebrare quanto fatto, ma per continuare a dimostrare che il lavoro, quando è serio, non ha bisogno di promesse: parla da sé.
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