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Stretta sulle pensioni anticipate

L’ipotesi: da 3 a 6-7 mesi in più per chi ha 42 anni e 10 mesi di contributi

Stretta sulle pensioni anticipate

ROMA. Le buone notizie per chi sogna di lasciare presto il lavoro potrebbero essere sempre più rare. Nuove norme in arrivo potrebbero rendere più complicato accedere alla pensione anticipata, soprattutto per chi conta solo sui contributi versati. Si studia infatti di allungare i periodi di attesa, le cosiddette “finestre”, per chi ha maturato i requisiti richiesti.

LE FINESTRE. Attualmente, chi ha 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 per le donne) può andare in pensione anticipata, ma dovrà aspettare alcuni mesi. Questa attesa potrebbe presto allungarsi, rendendo più difficile pianificare l’uscita dal mondo del lavoro. Per Quota 103 da quest’anno le finestre sono state allungate da 3 a 7 mesi per il privato e da 6 a 9 per il pubblico. Per l’anno prossimo però, si discute d allungare le finestre, indipendentemente dall’età, da 3 a 6-7 mesi per il pensionamento anticipato. Si discuterà anche di questo al vertice di maggioranza di venerdì, dove la Manovra sarà al centro del confronto tra la premier Giorgia Meloni e i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani.

IL CANTIERE DELLA MANOVRA. Oggi il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (nella foto) rientrerà al Ministero, dove inizieranno le prime ricognizioni tecniche post vacanze in vista della presentazione, entro il 20 settembre, del Piano strutturale di bilancio che ha preso il posto della Nadef. Prima delle vacanze il ministro aveva incontrato separatamente vari colleghi di governo per un confronto sui tagli di spesa.

IL RITORNO DELLE REGOLE UE. Anche quest’anno si presenta il nodo risorse da sciogliere, ma questa volta la risoluzione del rebus è resa più ardua sia per il ritorno delle regole di Maastricht, seppur riformate, sia perché l’Italia è sotto procedura per deficit eccessivo quindi dovrebbe tagliare il disavanzo strutturale almeno dello 0,5% annuo per i prossimi sette anni, circa 10 miliardi l’anno. A volere riconfermare le misure della precedente Manovra e le spese inderogabili, il conto partirebbe da oltre 20 miliardi di euro. Tra le principali voci, il taglio del cuneo a 14 milioni di lavoratori (10,7 miliardi) e l’accorpamento delle prime due aliquote Irpef (circa 4 miliardi); i sostegni per la Zes pesano per 1,9 miliardi; per le missioni internazionali serve almeno 1 miliardo; per la detassazione del welfare aziendale e dei premi di produttività oltre 800 milioni.

IL GOVERNO PUNTA ANCHE SULLA SPENDING REVIEW E IL CONCORDATO. Per le coperture il Governo punta sulla spending review, sugli stanziamenti di misure abolite, come l’Ace, e sulle entrate fiscali. Dal concordato biennale proposto a 2,7 milioni di autonomi e imprese sui redditi da dichiarare nel 2024 e 2025 con la garanzia di essere esclusi dai controlli si punta ad un gettito pari a circa 2 miliardi.

IL RISCHIO DI STIME OTTIMISTICHE. Ma la stima appare secondo fonti parlamentari troppo ottimistica visto che oltre 1 milione dei contribuenti interessati dal concordato presenta un indice di affidabilità fiscale basso sollevando qualche perplessità sulla volontà di questi ultimi di aderire entro il 31 ottobre. Nel novero delle risorse anche gli incassi dal pagamento delle ultime rate della rottamazione quater prorogata al 15 settembre. Ne consegue che il quadro sulle coperture sarà chiaro solo più avanti. Intanto entro il 20 ottobre il governo dovrà mettere mano al Documento programmatico di Bilancio da trasmettere a Bruxelles e al Parlamento, dopo arriverà l’articolato della manovra, da approvare entro il 31 dicembre.

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