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la legge che divide
13 Novembre 2024 - 09:25
ROMA. Il dibattito sull'Autonomia differenziata si intensifica: da una parte quattro Regioni guidate dal centrosinistra si oppongono alla legge Calderoli, mentre dall’altra tre Regioni del Nord si schierano a favore del Governo. La Corte Costituzionale è ora chiamata a esprimersi sulle questioni di costituzionalità sollevate dai ricorsi di Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, che hanno impugnato l’intera legge e alcune sue specifiche disposizioni. Durante un’udienza fiume svoltasi ieri gli avvocati delle Regioni ricorrenti e quelli delle Regioni del Nord (Lombardia, Piemonte e Veneto), supportati dall’Avvocatura dello Stato, hanno presentato le proprie argomentazioni. La Corte si riunirà a partire da oggi in camera di consiglio per esaminare i ricorsi, e una decisione è attesa nelle prossime settimane, con la sentenza prevista entro metà dicembre, prima che la Cassazione si pronunci sull'ammissibilità dei referendum abrogativi. La decisione della Consulta potrebbe influire proprio sui quesiti referendari, che potrebbero essere modificati o dichiarati superati.
LA POSIZIONE DELL’AVVOCATURA DI STATO. L'Avvocatura dello Stato, in rappresentanza del Governo, ha sostenuto che i ricorsi delle quattro Regioni siano «inammissibili», criticando la difficoltà di individuare una violazione delle competenze legislative delle Regioni ricorrenti. «Non è facile trovare una lesione delle competenze regionali», ha dichiarato in aula l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli, sottolineando che questo incide sull’ammissibilità globale dei ricorsi.
LE REGIONI DEL SUD. Dall’altro lato, Massimo Luciani, avvocato della Regione Puglia, ha affermato che la legge Calderoli «non è affatto inoffensiva» e minaccia di compromettere la solidarietà tra le Regioni e il debito pubblico. «I Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) riguardano tutti i diritti, e dire che spetti al governo definire quali diritti rientrano nei Lep è inquietante», ha aggiunto. Anche Andrea Pertici, avvocato della Toscana, ha contestato la legge, definendola «finanziariamente insostenibile» e accusandola di creare un'Autonomia «antisolidaristica» che rischia di rendere inefficace l'accesso ai servizi essenziali.
LE REGIONI DEL NORD. Sul fronte opposto, le tre Regioni del Nord, che si sono costituite in difesa della legge Calderoli, hanno sostenuto che la legge non indebolisce le garanzie, ma punta a ridurre la burocrazia e a migliorare l’efficienza del sistema. «La legge cerca di snellire le procedure e migliorare i servizi, non di privare le Regioni delle loro competenze», ha dichiarato Mario Bertolissi, avvocato del Veneto. Marcello Cecchetti, per il Piemonte, ha aggiunto che non accettano le interpretazioni della Costituzione avanzate dalle Re gioni ricorrenti, ritenendole pregiudizievoli.
I GOVERNATORI. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha poi sottolineato che la legge rappresenta un passo fondamentale per il paese, un «nuovo corso» che deve essere difeso. Al contrario, Michele Emiliano, presidente della Puglia, ha espresso fiducia nell'azione della Consulta, convinto che la legge crei disuguaglianze gravi e metta in difficoltà le Regioni più povere rispetto a quelle più ricche. Il confronto continua, e la sentenza della Corte Costituzionale si preannuncia decisiva per il futuro del progetto di Autonomia differenziata e per la distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni.
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