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La riflessione

I cattolici e l’eredità lasciata da Bergoglio

Ha condotto una convinta battaglia contro pedofilia e violenza

La guerra e Papa Francesco, ultima speranza di pace

Papa Francesco

Molti, in questi giorni, i commenti sul Papa “politico” più che sul suo Magistero. La commozione istituzionale ha avuto uno spazio contenuto, al quale ha fatto da contraltare la corale partecipazione “della gente comune”. Francesco è stato sofferto da alcuni nei Palazzi per la sua attitudine ad occuparsi delle questioni del mondo e le sue azioni sono state oggetto di discutibili strumentalizzazioni. Non ha mai occupato spazi non propri, ma la sua voce aveva una forte eco nel vuoto che aveva intorno. Gli ultimi al primo posto, con i loro bisogni. Per far sentire le loro parole ha lanciato i suoi appelli urbis et orbi, esprimendo punti di vista e operando scelte etichettate criticamente come progressiste. Ha dedicato il suo Pontificato alle donne, ai piccoli, alla famiglia, all’ambiente. Ha cercato di coinvolgere i leader delle grandi potenze nella ricerca della pace tra i popoli. Ha aperto la Chiesa ai divorziati e agli omosessuali.

Ha condotto una convinta battaglia contro pedofilia e violenza. E di tutto questo ha riempito il suo Pontificato, perchè era la sua missione, continuando, parallelamente, a ripetere che per cambiare il corso delle cose il mondo e la società avessero, come hanno, bisogno di operatori politici capaci di interpretare il proprio impegno sapendo che “inseguire desideri o esigenze puramente singolari, trascurando i bisogni generali, è ingiusto, anche se può essere conveniente per assicurarsi un consenso di parte” (Cardinale Bagnasco Summer School Magna Carta Frascati). Non faceva politica Francesco, ma sentiva la fragile consistenza dell’umanità travolta dal decadimento del valore fondativo della persona e della sua dignità e, per questo, diceva “Per favore, immischiatevi nella politica” e “date il meglio!”, “Mettetevi in politica, ma per favore nella grande politica, nella politica con la 'P' maiuscola.”.

Il Santo Padre, nell’enciclica “Fratelli tutti”, aveva definito la politica “un atto d’amore e di coraggio” che esige “la decisione e la capacità di trovare i percorsi efficaci che ne assicurino la reale possibilità” promuovendo l’incontro che “non può essere fondato su diplomazie vuote, doppiezze, maniere”. Queste sue parole potenti e la sua immancabile presenza sui temi “caldi” avrebbero dovuto essere, per tanti, stimolo a ripensare i propri comportamenti. Sicuramente per i cattolici. Oggi sono un monito. Sarebbe un vero peccato lasciar cadere l’eredità di Papa Francesco. L’appello era ed è a restituire alla Politica la dignità che le compete, riempendola di contenuti valoriali dai quali ricavare il senso della prospettiva, la visione. Non ci può essere risposta ai temi epocali della povertà, delle guerre, dei cambiamenti climatici e della trasformazione tecnologica se manca un punto fermo: la persona al centro. Non si può affrontare la sfida della crescita economica, del lavoro, della inclusione sociale e territoriale, della buona amministrazione e della giustizia giusta se non si hanno ben presenti i fondamentali della vita comunitaria: rispetto, uguaglianza dei diritti, libertà, responsabilità, solidarietà e sussidiarietà.

Non si può essere buoni politici se non coltivando l’obiettivo del bene comune con lo sguardo rivolto alle future generazioni. Le attuali forze politiche, seppur popolate di cattolici, mostrano carenze che si ripercuotono sulla efficacia della propria azione e sulla accoglienza del proprio messaggio. I liberisti inciampano sulla solidarietà sociale; i sovranisti sulla universalità dei diritti della persona; i populisti su responsabilità e rispetto; tutti incespicano sulla dimensione futuribile del disegno politico che dichiarano di interpretare. Tutto questo fa appello all’impegno dei cattolici in politica, perché l’attualità dell’insegnamento della dottrina sociale impone che ad essi sia restituito un respiro diverso nelle parole e nelle azioni della rappresentanza politica. L’eredità materiale di Francesco è andata al carcere di Casal del Marmo, quella morale a tutti gli uomini e le donne di buona volontà. L’unica vera ipocrisia sarebbe piangere Francesco senza avere il coraggio di “immischiarci” nella Politica.

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