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leone XIV
10 Maggio 2025 - 08:45
CITTÀ DEL VATICANO. «La Chiesa sia faro che illumina le notti del mondo». È l’ammonimento di Papa Leone XIV nella sua prima omelia nella messa con i cardinali in Sistina. Il Pontefice introduce la celebrazione in inglese a braccio e poi prosegue leggendo il testo in italiano. «Mi avete chiamato per portare una croce. Comincio con qualche parola in inglese, il resto lo farò in italiano. Sono felice di essere qui con voi, cari fratelli, perché la benedizione del Signore continui a essere su di noi. Mi avete chiamato per portare una croce e per essere benedetto per questa missione e voglio che anche voi camminiate con me» esordisce.
«In particolare Dio, chiamandomi attraverso il vostro voto a succedere al Primo degli Apostoli, questo tesoro lo affida a me perché, col suo aiuto, ne sia fedele amministratore a favore di tutto il Corpo mistico della Chiesa; così che Essa sia sempre più città posta sul monte, arca di salvezza che naviga attraverso i flutti della storia, faro che illumina le notti del mondo» osserva. «E ciò non tanto grazie alla magnificenza delle sue strutture o per la grandiosità delle sue costruzioni come i monumenti in cui ci troviamo -, quanto attraverso la santità dei suoi membri, di quel popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa» sottolinea Prevost.
«Anche oggi non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti; contesti in cui ad essa si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere» denuncia Leone XIV che poi osserva: «Si tratta di ambienti in cui non è facile testimoniare e annunciare il Vangelo e dove chi crede è deriso, osteggiato, disprezzato, o al massimo sopportato e compatito. Eppure, proprio per questo, sono luoghi in cui urge la missione, perché la mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco».
E ancora: «Anche oggi non mancano i contesti in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati, che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto». Secondo il Santo Padre «questo è il mondo che ci è affidato, nel quale, come tante volte ci ha insegnato Papa Francesco, siamo chiamati a testimoniare la fede gioiosa in Gesù Salvatore. Perciò, anche per noi, è essenziale ripetere: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. È essenziale farlo prima di tutto nel nostro rapporto personale con Lui, nell’impegno di un quotidiano cammino di conversione. Ma poi anche, come Chiesa, vivendo insieme la nostra appartenenza al Signore e portandone a tutti la Buona Notizia».
Infine: «Dico questo prima di tutto per me, come Successore di Pietro, mentre inizio la mia missione di Vescovo della Chiesa che è in Roma, chiamata a presiedere nella carità la Chiesa universale, secondo la celebre espressione di Sant’Ignazio di Antiochia. Egli, condotto in catene verso questa città, luogo del suo imminente sacrificio, scriveva ai cristiani che vi si trovavano: “Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo, quando il mondo non vedrà il mio corpo”. Si riferiva all’essere divorato dalle belve nel circo e così avvenne -, ma le sue parole richiamano in senso più generale un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo. Dio mi dia questa grazia, oggi e sempre, con l’aiuto della tenerissima intercessione di Maria Madre della Chiesa».
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