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21 Giugno 2025 - 11:01
Nel cuore dell'Asia occidentale, l'Iran si erge come un palcoscenico millenario dove le grandi potenze mondiali hanno storicamente intrecciato i propri interessi strategici, dando vita a quello che fu definito il "Grande Gioco". Questa espressione, coniata nel 1840 dall'ufficiale britannico Arthur Conolly e resa celebre dal romanzo "Kim" di Rudyard Kipling, descriveva originariamente il conflitto diplomatico e di intelligence che contrappose l'Impero britannico e quello russo per il controllo dell'Asia centrale nel XIX secolo . Oggi questo termine è tornato prepotentemente d'attualità per descrivere le dinamiche geopolitiche che vedono l'Iran al centro di un complesso sistema di alleanze, rivalità e interessi strategici globali. Il Grande Gioco originario vide la Gran Bretagna e la Russia zarista contrapporsi in un feroce conflitto diplomatico per il predominio di regioni strategiche tra il Medio Oriente, l'Asia Centrale e il subcontinente indiano.
Uno dei motivi principali di questa rivalità era il controllo delle rotte commerciali: per gli inglesi, la priorità era impedire che la Russia ottenesse uno sbocco sul Golfo Persico o sull'Oceano Indiano. Questo confronto si concluse formalmente con l'accordo anglo-russo del 1907, che sancì la divisione della Persia in tre aree di influenza: il nord ai russi, il sud agli inglesi, e una zona centrale nominalmente indipendente. Questo accordo segnò la fine di contrasti durati quasi un secolo e costituì l'ultimo tassello per la formazione della Triplice Intesa che comprendeva, oltre alla Gran Bretagna e alla Russia, anche la Francia. l'Iran di oggi occupa una posizione di centralità geografica strategica che lo rende un attore imprescindibile nello scacchiere geopolitico mondiale.
Situato tra il Golfo Persico e il Mar Caspio, il paese funge da ponte naturale tra l'Asia centrale, il Medio Oriente e l'Europa, rappresentando un “hub” logistico di fondamentale importanza per i progetti di interconnessione eurasiatica. Con circa il 10% delle riserve mondiali di petrolio, il paese ha fissato obiettivi ambiziosi per il ritorno alla piena capacità produttiva, nonostante le difficoltà imposte dalle sanzioni internazionali. A causa di queste, le attività di estrazione e lavorazione di petrolio e gas hanno subito un forte rallentamento dal 2011, con l'abbandono del paese da parte di molte importanti compagnie energetiche. Un terzo della produzione si è volatilizzato, creando un blocco che ha sicuramente giocato un ruolo di primo piano nel corso delle trattative internazionali.
Ma lo Stretto di Hormuz, che l’Iran controlla, continua a rappresentare uno dei punti nevralgici della geopolitica mondiale. Secondo il diritto internazionale i Paesi possono esercitare il controllo delle acque fino a 12 miglia nautiche dalle loro coste, il che significa che, nel suo punto più stretto, lo Stretto di Hormuz e le sue rotte marittime si trovano interamente all'interno delle acque territoriali dell'Iran e dell'Oman. Questa posizione strategica conferisce all'Iran un potente strumento di pressione geopolitica, come dimostrato dalle periodiche minacce di chiusura dello stretto in risposta alle tensioni internazionali. La recente inaugurazione di corridoi ferroviari che collegano la Cina all'Iran, passando per l'Asia Centrale e il Turkmenistan, rappresentano, poi, un’altra sfida strategica agli equilibri geopolitici globali.
Nel XXI secolo, il Grande Gioco si è evoluto, così, in una competizione multipolare che vede protagonisti non solo gli Stati Uniti e la Russia, ma anche la Cina, l'Unione Europea, la Turchia e le potenze regionali del Medio Oriente. Negli anni 2000, il termine è tornato in voga, in Occidente,per identificare le attività di Stati Uniti e Russia per il controllo dell'Asia centrale, dalle repubbliche dell'ex Unione Sovietica fino ad Afghanistan e Pakistan, tanto che si è parlato di "Nuovo Grande Gioco". L'Iran è diventato un tassello fondamentale nella Belt and Road Initiative (BRI), l'ambiziosa iniziativa cinese nota come "Nuova Via della Seta". Il paese viene espressamente incluso nel progetto cinese come sbocco commerciale e logistico del corridoio economico(ferroviario e terrestre) Cina-Asia Centrale-Asia Occidentalee la Repubblica Popolare Cinese ha investito ingenti risorse per sviluppare il settore energetico iraniano e le infrastrutture di trasporto, ottenendo in cambio prodotti petroliferi a prezzi scontati e forniture di gas naturale per i prossimi 25 anni. Parallelamente l'Iran ha stretto alleanze strategiche con Russia e Cina.
Dall’inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, nel febbraio 2022, Mosca ha fortemente incentivato la sua cooperazione con Teheran, ricevendo droni e altre attrezzature militari in cambio di assistenza per i programmi missilistici e spaziali iraniani. L'attuale guerra tra Iran e Israele, scoppiata il 13 giugno di quest’anno, rappresenta dunque l'apice di una lunga “escalation” di tensioni geopolitiche, scontri indiretti e guerre per procura nel Medio Oriente. Questo conflitto ha evidenti radici profonde che vanno ben oltre l'antagonismo tra i due paesi e la necessità di Israele di difendersi da una futura possibile minaccia nucleare iraniana. Al di là della pericolosità del sistema teocratico e del complesso militar-religioso che governa l'Iran, la posta in gioco di questa guerra è molto più grande e complessa.
La guerra attuale non è solo uno scontro tra due potenze regionali, ma si configura sempre più come un tassello di un più ampio riassetto degli equilibri geopolitici globali. Ed è un conflitto che ha messo in evidenza anche le fragilità delle alleanze internazionali dell'Iran. Nonostante la retorica di sostegno, Cina e Russia sembrano mantenere un atteggiamento cauto: non vogliono un cambio di regime a Teheran, ma, parimenti, non vogliano nemmeno un Iran dotato di arma atomica. Preferiscono una Repubblica Islamica all'interno di quel novero di Nazioni che Pechino, ad esempio, utilizza sistematicamente, nella retorica di revisione dell'ordine globale,per fare da contraltare all’egemonia americana, ma senza spingersi fino ad un totale sostegno incondizionato.
Il Grande Gioco in Iran non è, dunque, oggi, soltanto una questione di “regime change” volto a eliminare un apparato di governo pericoloso e imprevedibile o una questione di mero controllo territoriale nell’instabile area medio orientale, ma una partita importante nell’ottica della ridefinizione di pesi e contrappesi strategici di vastissima portata. In questo scacchiere complesso, dove si intrecciano interessi economici, ambizioni nucleari, rivalità storiche e alleanze strategiche, l'Iran rappresenta molto più di un semplice attore regionale.
E allora, mentre i missili solcano i cieli e le diplomazie si agitano nell'ombra, una verità profonda emerge da questo conflitto: ciò che accade oggi in Iran non è solo il risultato di scelte politiche contingenti, ma l'eco di secoli di storia in cui le grandi potenze hanno cercato di controllare questo crocevia tra Oriente e Occidente. E in questo eterno Grande Gioco, dove le pedine cambiano ma la scacchiera resta la stessa, il vero perdente rischia di essere non tanto chi è destinato a essere sconfitto sul campo, ma chi dimentica troppo facilmente che dietro ogni mossa geopolitica ci sono milioni di vite umane il cui destino viene sacrificato sull'altare di interessi che trascendono i confini e le generazioni.
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