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l'intervento
13 Luglio 2025 - 12:22
Alessandro Impagnatiello
Quando commentiamo certi inqualificabili comportamenti siamo soliti dire che ci vuole una gran bella faccia tosta. Nel caso di Impagnatiello crediamo non si tratti solo di faccia tosta ma di un narcisismo al di là di ogni misura! Evidentemente l’aver avuto cancellata l’aggravante della premeditazione avrà rinvigorito il suo smisurato Ego facendogli credere di poter osare chiedereperfino percorsi di mediazione della pena in accordo con la famiglia Tramontano.
Mi riferisco a ciò che abbiamo appreso martedì scorso e cioè che ha, addirittura, tentato di usufruire della Giustizia riparativa. Si tratta di procedure non fondate esclusivamente sulla pena attribuita dal tribunale al colpevole bensì sulla ricerca della riparazione del danno. Si mettono, allora, sinergicamente in azione l’autore del reato e la sua vittima (o la sua famiglia) per intraprendere un programma di giustizia volto alla riparazione dell'offesa e idoneo a ricostruire la relazione tra i partecipanti. E già, considerate queste finalità, viene subito da chiedersi come si può pensare di chiedere alla famiglia Tramontano di riparare il danno ricevuto dall’uccisione di due suoi stretti familiari.
Si scopre, poi, che caratteristiche indispensabili di tali procedure devono essere l’equa considerazione dell’interesse della vittima e del colpevole del reato, il coinvolgimento della comunità, la riservatezza ma, soprattutto la ragionevolezza e proporzionalità dell’esito riparativo. Viene spontaneo, allora, chiedersi se può mai esistere una ragione ed una proporzione che ripari lutti gravissimi come l’uccisione di una figlia e di un nipote.Crediamo fermamente di no! E, dunque, con tutto il rispetto per le nostre leggi, come è pensabile che certi provvedimenti possano essere applicati anche in casi così gravi? D’accordo siamo la patria di Cesare Beccaria e, quindi, del sistema punitivo che mira all’umanizzazione della detenzione ma dovrebbe esistere un limite a tutto.
In questo caso, il limite è stato stabilito dalle giudici Ivana Caputo e Franca Anelli che hanno respinto la richiesta ritenendo che l’assassino non ha per niente rielaborato criticamente il movente del suo reato e non ha mostrato seri segni di cambiamento. C’è stato anche uno stop insormontabile e cioè la comprensibilissima indisponobilità della famiglia Tramontano a prendere parte ad un qualsiasi percorso di “incontro” con colui che per mesi ha tentato di avvelenare figlia e nipote fin quando ha concretizzato la loro morte con ben 37 fendenti.
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