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Esercitazioni militari russe tra allarmi, sospetti e dubbi

A pensar male, diceva il “divo Giulio”, talvolta ci si azzecca

Esercitazioni militari russe tra allarmi, sospetti e dubbi

Pronti e… via alle esercitazioni militari delle forze bielorusse e russe! Prove d’invasione, gridano a Varsavia e a Kiev. Semplice routine, rispondono da Minsk e Mosca. Per “prudenza” il primo ministro polacco Donald Tusk, di ferrea tradizione anti-russa, ha spedito 40mila soldati a presidiare la lunga frontiera. Dall’altro lato del confine si predispongono progetti e lavori per disboscare (purtroppo per l’ambiente) l’area dove sorgerà una enorme base – anche per missili nucleari – resa necessaria, per la Federazione russa e l’alleata Bielorussia, dall’adesione alla Nato di Finlandia e Svezia, ex Stati neutrali. Dall’una e dall’altra parte, insomma, sistemi difensivi. Ma capita che per difendersi meglio, si decida talvolta di attaccare preventivamente…

Un paio di giorni fa qualche drone ha sconfinato in Polonia. Indice puntato immediatamente contro il Cremlino, all’unisono le accuse del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e del premier polacco. A Tusk non è parso vero poter gridare all’orso post-sovietico per ridarsi tono, dopo essere stato messo ultimamente in ombra dal nuovo presidente della Repubblica, Karol Nawrocki. Il capo di Stato riflette molto più del premieri risentimenti anti-ucraini dei concittadini, che affondano nella storia ma da qualche anno emergono pure dall’economia. A Zelensky e a Tusk hanno fatta eco -- per primi, manco a dirlo  -- il presidente francese Emmauel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il premier britannico Keir  Starmer e la presidente del Consiglio europeo Ursula von der Leyen. Tutti a gridare “all’armi,all’armi”.

Mica perché, essendo tutti e quattro contestati e in crollo di consensi, interessati a distrarre un po’ l’opinione pubblica... no, no, per carità.  Mica perché vogliano affidare al riarmo una provvidenziale riconversione industriale imposta dalla crisi dell’automotive e dal rincaro dell’energia non più d’origine russa… no, no, per carità. Il motivo è che saremmo sulla soglia di un conflitto tra Est ed Ovest. Una guerra – va aggiunto – che impegnerebbe soltanto le forze convenzionali. Cosa che ha una sua logica, sulla quale tuttavia non si può giurare. 

A pensar male, diceva il “divo Giulio”, talvolta ci si azzecca. E costa fatica a credere che Vladimir Putinabbia scagliato contro la Polonia una manciata di droni, rivelatisi quasi innocui (neppure un morto), per “saggiare” nientepopodimenoche le capacità difensive dell’Alleanza Atlantica! Eppure - apriti cielo! - l’allarme è stato questo. La presidente (da troppi anni, circa sei) della Commissione ha denunciato il pericolo d’una invasione russa dell’Europa, ma proprio quando s’è arenata l’ennesima avanzata estiva delle forze di Mosca nelle regioni russofone dell’Ucraina. E siamo a  tre anni e mezzo dall’inizio di una “operazione speciale” che di speciale ha solo un pessimo debutto e tempi lunghissimi di svolgimento. Le hanno fatta eco tutti o quasi dalle capitali del Vecchio Continente, da Roma il nostro Presidente della Repubblica in uno dei suoi ormai quotidiani appelli e mòniti. Ancora ieri, poco lontano da Bratislava, i ministri degli Esteri centroeuropei (Austria, Ungheria, Slovenia, Slovacchia e Repubblica Ceca) hanno aggiunto la loro condanna ufficiale per i raid dei droni russi. Ma in un’America funestata dall’attentato a Charlie Kirk, poco è mancato si facesse spallucce. L’inviato di Donald Trump a Kiev ha sponsorizzato la massima co-produzione di droni. A pagarli gli alleati europei, i quali dovrebbero rinunciare del tutto a gas e petrolio di Mosca, già agli sgoccioli, per acquistare energia più costosa ma ‘made in Usa’.

Ironia della sorte, dai sondaggi diffusi sui social i più convinti a sospettare che i droni possano essere stati scagliati dall’Ucraina, pare siano gli stessi polacchi. Probabilmente ricordano le denunce di Zelensky, tre anni fa: incolpò Mosca per un missile che colpì il villaggio di Przewodow, in Polonia, uccidendo due persone. Tutti ad accusare il Cremlino. Ma dopo qualche tempo, l’allora presidente polacco Andrzej Duda rivelò alla rivista ‘Do Rzeczy’ la verità: “Capimmo subito che si trattava di un missile ucraino e lo dissi direttamente al presidente Zelensky, il quale ha però continuato ad affermare che si trattava di un missile russo. Voleva trascinare la Polonia in guerra”. Bugie che si sono ripetute in seguito: sull’attentato al gasdotto North Stream o sui bombardamenti alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, che i russi si sarebbero... auto-inflitti. E sulla “scomparsa” di oppositori politici e di russofoni e di rappresentanti religiosi. E sulla corruzione imperante con il tentativo di chiudere persino due centri di sorveglianza internazionale… e via elencando.

Non che si voglia difendere Mosca, ma è la completezza dell’informazione, persino la mancanza ufficiale del ragionevole dubbio talvolta a mancare. E lasciano a desiderare coerenza e linearità nell’azione di governi enel comportamento di politici europei. Di riarmare l’Europa si discute dalla prima metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, mentre si era ancora a leccarsi le ferite della seconda guerra mondiale. Ma si è finora andati per le lunghe in una Unione ch’è ancora una confederazione. È certo gran tempo che l’Ue divenga più autonoma nel campo della difesa, cioè più indipendente dagli Stati Uniti. E invocarla definendola urgente, passi. Ma spacciare questa ormai antica aspirazione come conseguenza del rischio di un’imminente invasione da parte della Russia…. Suvvia, creduloni sì ma fino a un certo punto!

La via di un cessate il fuoco e di una tregua modello coreano per l’Ucraina l’ha indicata, circa un decennio fa, Henry Kissinger. E spiega il tentativo di Donald Trump, che ora pare sfuggir di mano.

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