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La Flotilla e la favola degli aiuti umanitari

L’ennesimo atto di propaganda politica che ha portato altro caos in una situazione già estremamente complicata

Flotilla dice “no" a proposta Italia su aiuti a Cipro. Israele: «È provocazione»

Un'imbarcazione della Global Sumud Flotilla

Una operazione come la Global Sumud Flotilla “non porta nulla alla gente di Gaza, ecco non cambia decisamente la situazione!”. Cito il cardinale Pierbattista Pizzaballa, rappresentante della Chiesa in Terra Santa, prelato che si è sempre distinto per equilibrio, ricerca del dialogo, confronto costruttivo per la pace e in prima fila per gli aiuti umanitari, oltre alla comunità di Gaza, a tutti coloro che sono colpiti dalla guerra in atto tra Israele e l’organizzazione terroristica di Hamas. E come non essere d’accordo con le sue parole, considerato che lo scopo della Flotilla di recare viveri e, in generale, sostegno alla popolazione sofferente, non è stato raggiunto.

E non perché la Flotilla sia stata bloccata dall’esercito israeliano, piuttosto per il fatto che quello di aiutare, in realtà, forse non è mai stato il vero obiettivo dei partecipanti all’iniziativa. Eppure avrebbero potuto farlo. Avrebbero, ad esempio, potuto sbarcare gli aiuti a Cipro ed affidarli al Patriarcato latino di Gerusalemme, che poi avrebbe provveduto a far arrivare tutto all’interno della Striscia. Ma, fin da subito, hanno rifiutato la proposta della Chiesa che, tra l’altro, era stata appoggiata anche dal Governo italiano e dal Quirinale.

E allora come va interpretata questa iniziativa? Come l’ennesimo atto di propaganda politica, spacciata al mondo come intervento per aiutare la popolazione di Gaza, ma nei fatti un atto di forza, inutile e pericoloso, che da un lato ha portato altro caos in una situazione già estremamente complicata e, dall’altro, non ha nulla a che fare con quanto ciascuno di noi ha veramente a cuore in questo momento: il destino e la vita del prossimo, il cessate il fuoco e l’avvio dei negoziati per la pace. Soprattutto, l’azione della Flotilla e di tutti coloro che hanno appoggiato l’iniziativa in maniera consapevole, conoscendo bene le ragioni reali che l’hanno innescata, è stata accompagnata solamente da un evidente sentimento di odio verso Israele e gli israeliani e con l’odio non si va da nessuna parte, figuriamoci quando si tratta di portare aiuti umanitari! Inoltre, va ribadito che quanto sta accadendo in Medio Oriente non può né deve lasciare indifferenti.

Tuttavia, allo stesso tempo non si può dimenticare la causa che ha portato al conflitto: il vile attacco di Hamas, appoggiato da altre milizie palestinesi, a Israele il 7 ottobre del 2023. Almeno 1.194 morti, civili, militari e appartenenti alle forze dell’ordine, e il rapimento di circa 250 persone, tra cui 30 bambini. I terroristi non si sono fatti scrupoli nel colpire giovani inermi, come quelli che partecipavano a un festival musicale, uccidendone 364. Senza contare i numerosi casi di stupro e violenze sessuali segnalati contro donne israeliane. Eppure all’epoca dei fatti non ricordo che il sentimento di indignazione e di ferma condanna per quanto accaduto, abbia attraversato la sinistra.

Anzi, abbiamo assistito a un vergognoso “inno” alla violenza, come i post sui social celebrativi dell’attacco. Il silenzio è proseguito anche in occasione della manifestazione unitaria dello scorso 7 giugno, quando Pd e 5 Stelle e tanti altri compagni hanno sfilato senza spendere una parola contro Hamas, né per chiedere la liberazione degli ostaggi. E la scena si è ripetuta nei giorni scorsi, con lo sciopero nazionale, illegittimamente proclamato da Landini, che è servito soltanto a buttare altra benzina sul fuoco, a bloccare l’Italia in ogni settore, a bruciare l’8% del Pil prodotto in un giorno, a creare il terreno ideale per l’attacco premeditato al Governo e alle forze dell’ordine in ogni parte della Penisola… altro che sostegno al processo di pace. Noi siamo sempre e comunque contro ogni forma di violenza ed è per questo che ci ha disgustato la strumentalizzazione del disagio sociale, da parte di questi personaggi che hanno spostato l’attenzione altrove, o peggio, per fare campagna elettorale o per visibilità. Perché anche di questo si tratta, e solo chi è intellettualmente disonesto continua a negarlo.

È questo il principio alla base di iniziative del genere, alla base anche dell’operazione Global Sumud Flotilla. Come dimenticare le scene da gita in barca a vela immortalate col cellulare e diffuse in rete dai componenti degli equipaggi, i litigi e le spaccature interne al movimento, o i giornalisti “scomodi” - perché avrebbero riportato la pura e semplice verità - a cui è stato impedito di unirsi alla “missione”? Alla fine a prevalere è stato il protagonismo della maggior parte della “ciurma” e, cosa ancor più grave, si è affermato l’interesse personale di qualcuno a discapito di presunti motivi nobili, temo solo millantati. Immaginiamo che molti di loro, tra cui figurano anche 4 parlamentari italiani, dopo questa avventura “esotica”, godranno di ulteriore visibilità in ambito politico e continueranno a sentenziare sui media e i network di sistema, a ricoprire incarichi nell’ambito di certe ong, a illudere il vastissimo pubblico inconsapevole dell’esistenza di una parte importante della verità, completamente omessa. A cosa mi riferisco?

Alla possibilità concreta, supportata da informative e documenti, che tra gli organizzatori della flotta - circa 60 imbarcazioni partite da Italia, Grecia e Tunisia - ci siano anche infiltrati di Hamas. Per non parlare delle accuse a Israele di aver agito in maniera illegale effettuando il blocco di una quarantina di imbarcazioni della Global Sumud Flotilla, perché l’azione è stata compiuta in acque internazionali. Un’altra falsità, perché il blocco navale israeliano davanti a Gaza, in vigore dal 2009, è stato approvato dall’Onu. Infatti, questa misura è l’unica possibile per interrompere il traffico di armi verso Gaza e impedire ai militanti di Hamas di poter partire via mare con imbarcazioni cariche di esplosivi. Del resto, chi ha memoria ricorda il precedente della Mavi Marmara, nel 2010. Come dettagliatamente riportato nel “Rapporto Palmer”, preparato dall’Onu proprio sul caso della nave della Freedom Flotilla, il blocco navale posto in essere da Israele era (ed è) perfettamente legale in base al diritto internazionale.

Ma al di là della disputa sulla interpretazione di norme, qui serve la volontà reale, efficace, genuina, di provare a mettere fine al conflitto in Medio Oriente, e a tutti quelli che imperversano nel mondo. Perché pretendere la pace e la fine della sofferenza di tante popolazioni, non può dipendere dal livello di esposizione mediatica che le riguardano, né la comunità internazionale e la sinistra nostrana, con la solita cinica ipocrisia che la caratterizza, possono continuare a dimenticare le “guerre invisibili”. Quelle, ad esempio, in atto in Africa meridionale e orientale dove vivono circa 85 milioni di persone, tutte bisognose di aiuto umanitario e dimenticate dal resto del mondo!

Soprattutto, però, la pace si pretende e si lavora per realizzarla, senza eventi propagandistici - che pure non sono mancati nel Nostro Posto, in questi anni di governo regionale targati De Luca e Pd -, senza farla diventare un pretesto per scendere in piazza e colpire l’avversario politico, devastare, imporre la propria idea e la cieca ideologia con comportamenti violenti. Insomma, ognuno, dal proprio campo di azione, è chiamato a fare la propria parte per far affermare la pace, a patto però, che non scelga la via dell’odio.

*Capogruppo della Lega
Consiglio regionale della Campania

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