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04 Novembre 2025 - 07:05
									È stato rintracciato questa sera dai carabinieri del comando provinciale di Milano il presunto aggressore della donna di 43 anni accoltellata questa mattina in piazza Gae Aulenti. Si tratta di un 59enne, Vincenzo Lanni, nato a Bergamo, rintracciato grazie alla gemella, che lo ha riconosciuto dalle immagini diffuse dagli inquirenti. L'uomo si era rifugiato in un hotel di Milano, dove era ospite da qualche giorno, dopo essere stato allontanato da una comunità di recupero del Varesotto. Aveva ancora addosso gli abiti di questa mattina. La vittima, Anna Laura Valsecchi è in prognosi riservata. Soccorsa dal personale del 118, dopo l'aggressione, è stata operata all'ospedale Niguarda di Milano.
L'aggressione, durata appena cinque secondi, è stata ripresa dalle telecamere di videosorveglianza della zona. La donna, con un cappotto chiaro, nelle mani la borsa e la tracolla con il computer, cammina vicino a un parcheggio di biciclette tra due grattacieli della piazza, quando l'uomo arriva alle sue spalle e la colpisce alla schiena. Un colpo secco e violento, prima di allontanarsi in fretta.
Dirigente di Finlombarda, la società finanziaria della Regione Lombardia, Anna Laura Valsecchi è responsabile dell'ufficio Stipula ed Erogazioni di Finlombarda: è sposata e madre di una bambina. La 43enne stava andando a lavorare quando è stata aggredita alle spalle da un uomo a volto scoperto. Quando è stata soccorsa, aveva un lungo coltello da cucina conficcato nella schiena, sul fianco.
Vincenzo Lanni, 59 anni, solitario e fanatico dei gialli. Nel 2015 la cronaca si è già occupata di lui. Il 20 agosto 2015 ha colpito in strada, con un coltello da cucina con una lama di 23 centimetri, due pensionati a Villa di Serio (il primo) e ad Alzano Lombardo (l'altro), in provincia di Bergamo. Il giudice per l’udienza preliminare Tino Palestra lo ha condannato il 19 maggio 2016 a otto anni di carcere più altri tre da scontare in una struttura psichiatrica, riconoscendo l’attenuante della semi infermità mentale. La Procura aveva chiesto un anno in più dietro le sbarre, mentre l'avvocata Cinzia Pezzotta aveva invocato la condanna minima.
"Non ero in me", aveva spiegato nel corso del processo. Affetto da un disturbo schizoide della personalità e una capacità di intendere e di volere "grandemente scemata", alle sue vittime aveva inviato una lettera di scuse.
L'uomo al pubblico ministero aveva confessato l'intenzione di uccidere delle donne come reazione alla frustrazione per la sua vita, che giudicava fallimentare. Una promessa macabra, a rileggere la stampa di allora, che oggi si è quasi compiuta.
Originario di Bergamo, nessuna moglie o fidanzata, nessun amico e una sorella gemella che lo ha riconosciuto dall'immagine diffusa dai carabinieri, su autorizzazione della Procura di Milano, per dare un nome al sospettato del tentato omicidio. Appassionato di scacchi, amante di polizieschi e trattati di criminologia, nel 2012 aveva perso il lavoro di programmatore informatico. Anche dieci anni fa dunque si era procurato un coltello dalla cucina e nel giro di poche ore aveva colpito due volte. Mentre i carabinieri erano già impegnati a dargli la caccia, armato di un cavo per le cuffie da usare come laccio per strangolare, era pronto a colpire la prima donna sola che avrebbe incontrato. Per fortuna non si è presentata l’occasione.
Anche nel 2015 è stato tradito da una telecamera. Era stato ripreso con una borsa di tela verde mentre si allontanava a piedi dalla zona della prima aggressione. Una scena quasi identica a quella immortalata oggi dalle telecamere che puntavano sulla piazza in zona Garibaldi. E' stato rintracciato all’interno di un albergo del capoluogo, dove era ospite da qualche giorno, dopo essere stato allontanato da una comunità di recupero del Varesotto. Con sé aveva i vestiti indossati nel corso dell’aggressione. Anche questa volta non sono emersi collegamenti tra lui e la vittima.
"Evidentemente questi 8 anni di carcere più tre in Rems non sono serviti a nulla", dice all'Adnkronos, senza nascondere l'amarezza, l'avvocata Cinzia Pezzotta, che nel 2015 difese Lanni.
Sono state proprio le modalità della brutale aggressione a "risvegliare un brutto ricordo" nell'ex legale. "Ho visto il fotogramma e onestamente non l'ho riconosciuto, perché all'epoca aveva pochissimi capelli biondicci. Però quando ho sentito del coltello lasciato nella schiena, mi è immediatamente balzata alla mente la persona", dice l'avvocata Pezzotta, che non ha più contatti con Lanni dal 2016, quando il 59enne venne trasferito dal carcere di Bergamo a quello milanese di Opera. Nel 2015 "era stata fatta la perizia psichiatrica" e il 59enne "era stato dichiarato parzialmente incapace di intendere di volere, ma non totalmente", dice l'ex legale, che ricorda Lanni come "una persona sicuramente molto depressa, molto chiusa in sé stessa. Però il racconto di quello che aveva fatto era molto lucido e molto dettagliato".
Le vittime di dieci anni fa, come la dirigente di Finlombarda colpita oggi, non avevano legami con il loro aggressore. "Non le conosceva assolutamente", dice l'avvocata Pezzotta. "Uno - ricorda - era un pensionato che stava andando in biblioteca. E poi si era appostato sulle mura a Bergamo alta con dei fili delle cuffiette del walkman e diceva che avrebbe voluto strangolare una ragazza che avesse incontrato. Ne aveva presa di mira una, solo che nel frattempo era arrivato un altro signore che faceva jogging, per cui aveva dovuto desistere. Però le cuffiette erano state trovate tra i suoi effetti personali".
Dopo le aggressioni del 2015 Lanni smise di avere rapporti con la gemella, quella che questa sera, dopo averlo riconosciuto nelle immagini dell'aggressione, ha contattato i carabinieri, permettendo loro di rintracciarlo. "I rapporti con la sorella erano difficili e, dopo i fatti di Bergamo, lei non ha mai più voluto avere contatti con lui: non andò mai a trovarlo in carcere, non partecipò alle udienze e non si mise mai in contatto con me", dice la ex legale.
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