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il nostro posto
24 Dicembre 2025 - 10:05
Matteo Salvini
Immaginiamo per un istante che l’Italia sia un Paese come gli altri e che anche nel Nostro Posto valga per il magistrato il principio secondo il quale ciascuno è responsabile delle proprie azioni: e cioè, se sbaglia per colpa grave, per incompetenza o addirittura in maniera intenzionale, risponde del suo operato. Se le cose fossero state queste anche da noi siamo proprio certi che il processo contro Matteo Salvini sarebbe stato celebrato? Io non ne sono tanto sicuro. Ma andiamo con ordine. Nel luglio del 2019 la nave di una ong spagnola si chiama Open Arms salpa da Siracusa diretta a Lampedusa, dove non arriverà mai perché, improvvisamente, cambia rotta e si dirige verso le coste libiche. Inizia dunque una navigazione nel Mediterraneo che la porta a intercettare imbarcazioni con clandestini e alla fine della quale fa nuovamente rotta verso l’Italia.
È il 20 agosto quando si presenta finalmente davanti alle coste siciliane con la pretesa di attraccare con ben 164 clandestini a bordo. Nel corso di quegli oltre 20 giorni di navigazione, Open Arms ha continuato a rispedire al mittente ogni richiesta di soccorso, ogni offerta di aiuto e di sbarco in porti diversi da quelli italiani per ben due volte si è opposta all’attracco in Spagna rifiutandosi pure di garantire l’assistenza necessaria alle persone che aveva a bordo. Matteo Salvini, vicepremier e ministro degli Interni in carica, peraltro d’intesa con gli altri componenti del Governo di allora, impartisce puntuali disposizioni agli Organi esecutivi competenti per impedire lo sbarco dei clandestini, ad esclusione di coloro che fossero malati (che peraltro, tranne in 3, rifiutano).
Il tutto in base alle previsioni della normativa vigente, il cosiddetto “Decreto sicurezza bis”. Il resto è noto. Dopo un clamoroso battage propagandistico che vede la partecipazione di legioni di “anime belle”, pseudoprogressisti, figli dei fiori incanutiti coi loro nipotini e persino star e starlette nazionali e internazionali (come dimenticare la visita di Richard Gere sulla nave?), l’imbarcazione sulla base di provvedimenti della magistratura penale e amministrativa sbarca i migranti clandestini ancora a bordo. Sembra finita qui, ma non è così. Dapprima la Procura di Agrigento e poi il Tribunale dei Ministri intervengono sulla questione ipotizzando reati vari a carico di Salvini. Respinta dal Parlamento l’autorizzazione a procedere richiesta da questo speciale organo giudiziario, la Procura di Palermo riprende in mano la questione, con una pervicacia degna di miglior causa (avrebbero scritto i nostri padri), e ipotizza “nientepopodimenoché” il reato di sequestro di persona a carico di Matteo Salvini. Dopo le indagini di rito, comprensive di rogatorie internazionali, accertamenti, perizie, verifiche, studi vari e consulenze multiple, si arriva al rinvio a giudizio e quindi al processo di Salvini. Anzi al processone!
Celebrato addirittura nell’aula bunker del procedimento contro la mafia quello di Falcone e Borsellino con la presenza di un esercito di poliziotti e carabinieri, imponenti misure di sicurezza (arriverà anche la scorta per i 3 pm), meccanismi di disturbo alle intercettazioni, ecc. Il processone dura tre anni e registra: 21 parti civili ammesse, 24 udienze, 45 testimoni ascoltati (Gere non verrà a deporre forse perché aveva scoperto che, diversamente dalla pubblicità per una nota macchina da caffè, non è previsto un cachet per i testimoni di giustizia), arringhe della pubblica accusa dai toni durissimi contro l’operato di Salvini (non si sa perché non del resto del Governo) e poi, dopo la richiesta da parte dei pm di 6 anni di reclusione per Salvini, la sentenza, che arriva il 20 dicembre 2024: assoluzione. Per la verità un verdetto anche scontato, almeno secondo quasi tutti i giuristi intervistati.
A quel punto, tutti pensavano che sarebbe finita lì e invece no. La Procura di Palermo nel luglio 2025 decide di impugnare la decisione e sceglie di farlo, come si dice in gergo tecnico , per saltum, e cioè ricorrendo direttamente per Cassazione. Si giunge così ai giorni nostri. La requisitoria del procuratore generale precede la sentenza degli ermellini. Verdetto confermato: il fatto non costituisce reato. Dai giorni di Lampedusa ne sono passati altri 2.220, pari a quasi 6 anni, e alcuni di quei clandestini comunque fatti sbarcare dai magistrati sono persino finiti implicati in vicende giudiziarie varie, mentre l’Open Arms continua a navigare coi suoi volontari da 3.000 euro al mese in su. Senza far troppo di conto, tra stipendi di forze dell’ordine, consulenti, magistrati inquirenti e giudicanti, costi di giustizia, costi di sicurezza e chi più ne ha più ne metta, il processo al ministro Salvini è costato agli italiani vari milioni di euro.
Senza considerare lo strepitus, la prolungata “distrazione” dai loro compiti istituzionali delle principali figure dello Stato e ancor di più l’immagine dell’Italia appannata a livello internazionale… A questo punto, faccio le mie domande. Se ci fosse stata la responsabilità civile, i magistrati inquirenti avendo la consapevolezza che avrebbero potuto rispondere anche finanziariamente di questo vero e proprio sperpero di denaro pubblico si sarebbero imbarcati in questa storia? Se avessero avuto la consapevolezza che il loro comportamento avrebbe potuto essere censurato da un CSM diverso dal lottizzato sistema gestito dall’ANM, si sarebbero arrischiati a processare il vicepremier per una scelta compiuta nell’esercizio delle sue prerogative istituzionali? Io penso che Salvini avesse ragione anche nel merito delle sue scelte ma, anche chi la pensa diversamente, può davvero ragionevolmente negare che spetti a chi governa il Paese in forza di un mandato elettivo deciso costituzionalmente, stabilire come si esercita l’articolo 52 della Costituzione? Oppure questo “potere” deve essere esercitato da chi svolge una diversa funzione, quella giurisdizionale, e peraltro dal versante della pubblica accusa? E poi non rispondere neppure del proprio operato, neanche in presenza di una così vistosa deviazione da un equilibrato esercizio del proprio ruolo?
Sono tutte domande che, in fondo, si ripetono ormai da decenni e che solo una pervicace quanto a sua volta politicizzata visione della magistratura ha impedito ricevesse adeguata e definitiva risposta da parte del legislatore attraverso una saldatura tra tutte le forze politiche. Stavolta però, con la messa in stato d’accusa di un ministro per avere esercitato le sue prerogative di governo, credo che abbiamo raggiunto la più alta deviazione patologia. Ed è per questo che occorre seriamente porre rimedio. La strada è tracciata. In primavera ci sarà un referendum dal cui esito dipende il cambio di rotta del Paese sul tema della giustizia. Io sono certo che gli italiani stavolta non andranno al mare e chiariranno, una volta per tutte, che non è più tempo di condotte impunite, chiunque le abbia tenute.
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