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Rapporto Svimez: cresce l'occupazione ma con salari bassi

Rapporto Svimez: cresce l'occupazione ma con salari bassi

NAPOLI. Inclusione, lavoro ed imprese per riagganciare la crescita. È questa la parola d’ordine di Svimez lanciata a Roma in occasione della presentazione del Rapporto 2023 che vede il Sud ancora in affanno. Ma occorrerà dare linfa al lavoro e alle imprese per alleviare il disagio sociale e sostenere i consumi. In Campania le cose non vanno meglio. Se turismo e servizi trainano la ripresa con l’agroalimentare e le costruzioni che continueranno ad aumentare per effetto del Superbonus, l’industria manifatturiera è ancora in sofferenza. Cresce l’occupazione ma, in mancanza di politiche industriali, la regione non sarà in grado di allentare il disagio sociale in un contesto di precarietà, bassi salari e bassa qualificazione. Andranno meglio nel 2024 i consumi delle famiglie e gli investimenti. La svolta può venire dal Pnrr che potrebbe evitare la recessione. Ma c’è il rischio che per il sistema dei bandi, alcune regioni, come la Campania, non riescano a raggiungere il 33 per cento previsto dall’Europa. Anche qui occorrerà comunque superare i ritardi degli enti locali, soprattutto dopo la recente rimodulazione delle risorse che privano la Campania di una buona fetta di soldi. Una condizione che allargherà la forbice del divario con le regioni più forti nel 2025 con il Pil che, secondo stime, aumenterà da 0,1 per cento del 2023 a 0,2 per cento del 2024, quattro decimi di punto meno del Centronord. Troppo poco per voltare pagina. In Campania aumenterà ancora il disagio sociale (gran parte dei 2,5 milioni di cittadini al Sud è residente nella regione), 7 donne su 10 sono senza lavoro con una percentuale (31%) che relega la regione all’ultimo posto nella classifica stilata da Svimez, nella «quasi impossibilità di contrastare il “gelo” demografico e la qualità dei servizi», come osserva il direttore Svimez, Luca Bianchi.

L’ISTRUZIONE ANCORA PALLA AL PIEDE. Né fa meglio l’istruzione che registra una dispersione scolastica del 16,4 per cento, un tasso di occupazione del 26 per cento di giovani laureati e diplomati (al Centronord solo il 13% non trova lavoro) e la mancanza di asili nido con 10 punti percentuali in meno del target europeo attestato al 33 per cento. Dal lato delle imprese occorrono strategie di riconversione e di rinnovamento tecnologico e produttivo. Le cose vanno meglio nel campo della transizione energetica (eolico e fotovoltaico) che vede la Campania al di sopra della media nazionale e comunque prima nel Mezzogiorno.

LA RIPRESA DELL’OCCUPAZIONE AL SUD NON ARGINA IL DISAGIO SOCIALE. In tema di precarietà del lavoro, nella ripresa post-Covid dopo il “rimbalzo” occupazionale torna a inasprirsi la sua precarietà. Cresce il lavoro, ma cresce anche la povertà. Dalla seconda metà del 2021, è cresciuta l’occupazione più stabile, ma la vulnerabilità nel mercato del lavoro resta su livelli patologici. Quasi quattro lavoratori su dieci (22,9%) hanno un’occupazione a termine, contro il 14 per cento nel Centro-Nord. Il 23 per cento dei lavoratori a temine al Sud lo è da almeno cinque anni (l’8,4% nel Centro-Nord). Tra il 2020 e il 2022 è calata la quota involontaria sul totale dei contratti part time in tutto il Paese, ma il divario tra Mezzogiorno e CentroNord resta ancora molto pronunciato.

LE PRIORITÀ DI UNA NUOVA POLITICA INDUSTRIALE. Per cogliere le nuove opportunità, dicono gli analisti di Svimez, l’obiettivo è puntare sulle specializzazioni locali inserite nella catena del valore delle filiere strategiche; sostenere l’ampliamento e l’integrazione del sistema di subfornitura; valorizzare i legami funzionali e strategici con le infrastrutture (la Campania è prima nel Mezzogiorno nell’Alta velocità), come i porti collegati alla rete TEN-T. La crescita dell’economia passa però per la Zes unica che dovrà essere accompagnata dall’l’intervento orizzontale di fiscalità di vantaggio e di semplificazione con strumenti attivi di sostegno alle specializzazioni esistenti.

PNRR, GIANNOLA CRITICO. Ma sul Pnrr, il presidente dello Svimez, Adriano Giannola, è critico: «Il Piano non ha strategia, è una cosa diffusa e non ha obiettivi precisi. L’Italia è oggetto del salvataggio dell'Ue, è l'unico caso di un intervento straordinario così massiccio, perché si vuole tenere una rete di salvataggio per una Paese che sta andando un po’ alla deriva. C'è qualcosa che deve essere cambiato strutturalmente e da questo punto vista la strategia non è chiara». Infine, il ministro per gli Affari europei, per le politiche di coesione e per il Pnrr, Raffaele Fitto, è chiaro: ««Siamo alla vigilia del ritorno del Patto di stabilità. Se noi avessimo avuto scelte e risultati positivi che nella fase precedente avessero colto l’opportunità di operare senza Patto di stabilità sarebbe diverso».

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