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IL CASO
04 Febbraio 2025 - 08:30
Arcangelo Fornaro, Claudio Esposito e Carlo Palmieri
NAPOLI. Sono la meccanica, l’abbigliamento e il farmaceutico i prodotti più esposti ai dazi annunciati da Trump in Italia e quindi anche in Campania. Quelli che, secondo il presidente americano, potrebbero essere i più colpiti, visto che nel 2023 il nostro Paese ha esportato beni e servizi per il 67 per cento e, nei primi nove mesi del 2024, il 42% a prezzi costanti. Un effetto immediato dei dazi si riscontrerebbe però anche nei beni non durevoli, ad esempio i generi alimentari, come carne, zucchero, pasta, frutta e verdura.
Le nuove tariffe provocherebbero un aumento dei costi al supermercato di settimana in settimana. Secondo Confartigianato le tariffe potrebbero colpire circa 44mila imprese con il rischio di colpire anche del 16 per cento dell’export. E anche in Campania ci sono timori.
«Sicuramente c’è preoccupazione per l’incertezza e per tutte le dichiarazioni fatte. Un’ulteriore imposizione di dazi darebbe un colpo forte all’export italiano, in special modo all’agroalimentare», sostiene Arcangelo Fornaro de Le Gemme del Vesuvio. «Gli Usa, ad esempio, sono il nostro più promettente e solido mercato di sbocco con ricavi che toccano il 25-30 per cento di fatturato. Dobbiamo sperare che il Governo trovi accordi economici che ci consentano di poter scambiare ad armi pari quei prodotti e quei servizi che ci consentano di poter continuare a guardare a quel mercato con fiducia. Oggi 247mila tonnellate del 60 per cento dei pacchi di pasta prodotti viene esportato oltreoceano, che rappresenta il terzo mercato dopo il Regno Unito e la Germania».
Anche tra i conservieri serpeggia preoccupazione. «Siamo in attesa di certezze, i nostri clienti sono preoccupati in quanto non hanno chiarezza e preferiscono attendere», dice Claudio Esposito, direttore commerciale di Nolano. «Le preoccupazioni nascono dal fatto che, già durante del suo primo mandato alla Casa Bianca, il tycoon statunitense adottò politiche protezionistiche mirate a ridurre il deficit commerciale degli Stati Uniti imponendo dazi che penalizzarono settori strategici dell’economia europea ed italiana. Oggi esportiamo in Florida, Texas, a fine mese anche in California che è il maggiore produttore di pelati. Siamo direttamente interessati, il commercio internazionale riveste un ruolo fondamentale per l’economia italiana che è il quarto Paese per volume di esportazioni nella classifica mondiali degli scambi. Sarebbe un duro colpo per le imprese se venissero applicate le nuove gabelle. Dobbiamo solo augurarci che i dazi diventino materia di negoziazione a livello bilaterale tra Stati Uniti e singoli Paesi» sottolinea.
C’è anche l’abbigliamento-moda sotto attacco di Trump. Lo rileva Carlo Palmieri, vicepresidente di Sistema Moda con delega al Centro-Sud: «La politica internazionale ha sempre un effetto nei confronti della sua attuazione. Le dichiarazioni del presidente americano di voler introdurre tariffe dal 10 fino al 20 per cento per i prodotti importati dall’Europa evidenziano una rinnovata inclinazione verso il protezionismo. L’Europa dovrà tuttavia rispondere con fermezza, con accordi commerciali e tutti insieme. Su un export di 70 miliardi di euro, 10 punti di dazio in più per la moda-abbigliamento andrebbero a pesare con costi a carico delle aziende del lusso che potrebbero rendere inaccessibile quel mercato. E tutto questo è preoccupante, visto che quello a stelle a strisce è un mercato solido e uno dei pochi in espansione».
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