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l'opinione
05 Maggio 2025 - 09:53
Dopo quattro mesi di crescita consecutiva, non allarma la flessione nel mercato del lavoro italiano registrata a marzo dall’Istat, con un calo contenuto in sedicimila unità. Tanto più che, passando dal confronto congiunturale a quello tendenziale, ossia rispetto alla situazione rilevata dodici mesi prima, il bilancio è largamente in attivo: il numero degli occupati è cresciuto di circa 450 mila unità, diviso quasi a metà tra i due generi (222 mila donne e 228 mila uomini). Un altro dato confortante riguarda la tipologia delle assunzioni effettuate. In un anno i rapporti a tempo indeterminato sono aumentati di 673 mila unità, mentre in calo risultano quelli a termine (-269 mila). Tornando al dato mese su mese, le motivazioni della leggera flessione possono essere diverse, in parte riconducibili all’atmosfera di incertezza legata all’avvento di Trump e ai suoi primi clamorosi annunci sui dazi. Un elemento di maggiore preoccupazione, rispetto alla diminuzione degli occupati in sé, nasce dall’orientamento, confermato anche in questa occasione, rivolto a penalizzare il lavoro femminile.
I 16mila occupati in meno sono infatti il saldo tra un piccolo incremento di lavoratori (12 mila) e una più marcata flessione di lavoratrici (28 mila). C’è, tuttavia, un indicatore più critico, su cui vale la pena di soffermarsi. A fronte del ricordato consistente aumento su base annua degli occupati, nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni si è riscontrata, al contrario, una perdita di ben 55 mila posti di lavoro, equivalente a circa un punto percentuale di tasso di occupazione. La fascia d’età privilegiata, dall’analisi disaggregata dell’andamento dell’occupazione tra marzo 2024 e marzo 2025, risulta quella degli over 50. Un particolare che può significare due cose, entrambe negative: difficoltà dei giovani ad accedere al mercato del lavoro e del tessuto produttivo a innovarsi, con la formazione digitale e l’attitudine a governare l’evoluzione tecnologica che solo le nuove generazioni possono assicurare.
La soluzione per questi problemi è innescare un forte sviluppo nel Sud, dove i tassi di occupazione femminile e giovanile sono purtroppo ancora molto bassi. Una crescita che deve essere accompagnata dall’innovazione e dalla ricerca, assicurando così alla nuova occupazione livelli qualitativi adeguati alle nuove sfide. Solo la diffusione di centri direzionali e nuovi insediamenti manifatturieri nel Mezzogiorno possono dare corpo a una stagione di rilancio dell’intero Paese.
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