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l'opinione
16 Maggio 2025 - 10:56
Le più recenti rilevazioni sull'andamento del ciclo di programmazione 2021-2027 dei fondi europei confermano i ritardi che caratterizzano le nostre amministrazioni impegnate a vario titolo nell’utilizzo di questi finanziamenti. A febbraio di quest’anno siamo ad appena al 5% della spesa sul totale delle risorse programmate. Anche per gli importi impegnati, non si va oltre il 17%. La scadenza ultima per la spesa è fissata al 31 dicembre 2029, quindi, c’è margine di tempo per poter consentire un recupero.
Il Ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr, Tommaso Foti, ha sottolineato come lo sprint necessario per concludere gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienzaentro la metà del 2026 faccia ritardare pianificazione e attuazione dei fondi UE. Eppure, non possiamo trascurare il fatto che il carico supplementare di lavoro per le amministrazioni, dovuto alla gestione di risorse aggiuntive come quelle del Pnrr, era una questione da anni sul tappeto, e quindi si poteva sperare in un rafforzamento degli organici della Pa, per stare al passo con le scadenze su entrambi i fronti. D’altro canto, anche per il Pnrr si è lontani, al momento, dalla certezza di poter spendere nei tempi previsti il totale delle risorse ricevute da Bruxelles, tra prestiti e contributi a fondo perduto.
Vi sono, insomma, delle criticità che vanno risolte dal Governo, portando a termine un’azione riformatrice e modernizzatrice di un apparato burocratico che da decenni pesa sulle speranze di rinnovamento e crescita della nostra nazione. Su un punto, peraltro, chiediamo all’Esecutivo di essere fermo e irremovibile. Le risorse, che siano rese disponibili dal Pnrr o dalla nuova programmazione dei fondi Ue, non possono essere sottratte all’obiettivo della coesione territoriale.
Quanto meno come saldo. Nel senso che, ad esempio, se parte dei fondi Pnrr fossero reindirizzati verso l’obiettivo di potenziare la difesa europea contro possibili minacce militari provenienti dalla Russia o da chiunque altro, bisognerebbe individuare strumenti finanziari alternativi per non far perdere un euro a un’area come il Mezzogiorno, cui originariamente avrebbe dovuto essere riservato il 40% dell’importo ottenuto dall’Italia. Che il cosiddetto riarmo sia necessario non è tema da affrontare in questa sede. Di sicuro, sarebbe sbagliato procedere sottraendo risorse a un obiettivo assolutamente strategico per l'Italia intera, come il rilancio del Mezzogiorno.
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