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30 Giugno 2025 - 10:48
L’Italia è solo quattordicesima nella classifica dei 25 migliori Paesi del mondo per l’utilizzo delle nuove tecnologie. A stilare la graduatoria è la Harvard Kennedy School, che ha elaborato a tal fine un apposito “Critical and Emerging Technologies Index”. La situazione dell’Italia, peraltro, è assolutamente recuperabile, perché sul fronte della ricerca accademica, nella Penisola, si registrano risultati brillanti in più campi. Il problema è la commercializzazione, in termini di innovazione pratica che renda più competitivo il sistema delle imprese. Qui si scontano due ordini di problemi. Il primo sta nella dimensione media delle imprese, più piccola che in altri Stati.
Il che comporta una sottocapitalizzazione, frenando l’investimento degli operatori privati in ricerca e sviluppo. L’altra criticità è costituita dalla mancanza di una politica industriale orientata decisamente verso la promozione delle nuove tecnologie, con incentivi e stanziamenti adeguati. Come ha spiegato Carlo Giannone, l’autore del Country Report sull’Italia, ricercatore del Belfer Center dell’Harvard Kennedy School, servono infrastrutture, competenze specializzate, filiere produttive, ma soprattutto una cabina di regia: “una struttura snella, autonoma e strategica, capace di scommettere su progetti pionieristici e costruire, nel tempo, la sovranità tecnologica del Paese”. Un esame più dettagliato evidenzia come il gap italiano sia più ridotto per tecnologie come l’Intelligenza artificiale e in settori come i semiconduttori, mentre maggiore è la distanza nella quantistica.
Il Mezzogiorno, peraltro, sta dimostrando di poter essere una importante carta da giocare nel rilancio tecnologico nazionale. Proprio a Napoli, all’Università Federico II, è stato realizzato il primo computer quantistico italiano a semiconduttori, mentre di pochi giorni fa è l’inaugurazione, presso il polo di San Giovanni a Teduccio dello stesso ateneo, di Megaride, il supercomputer che supporta l’Agenzia nazionale per la cybersicurezza per intercettare e contrastare gli attacchi informatici. A Napoli, come in tutta la Campania, e in regioni come la Puglia, la Sicilia e la stessa Calabria, in questi ultimi anni si è creata una rete di strutture di ricerca sulle tecnologie avanzate.
Se il pubblico, se la politica, deciderà di investire fortemente su queste preesistenze e favorirà i loro legami con startup e imprese innovative del Sud, si creeranno le premesse per un nuovo protagonismo italiano nella frontiera avanzata dell’innovazione. Un protagonismo che parta da Mezzogiorno.
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