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l'analisi
15 Luglio 2025 - 10:05
Senza un governo federale vero, resteremo terreno di conquista per Usa, Russia e Cina. E intanto i nostri giovani aspettano un’identità comune che non arriva. L’Europa è un gigante economico ma un nano politico. Questa frase, che gira da decenni tra corridoi di Bruxelles e redazioni, torna a pesare ogni volta che qualcuno da fuori decide di ricordarcelo. È bastato un uomo come Donald Trump, con i suoi dazi a sorpresa e la diplomazia da bulldozer, per mostrare che un’Unione senza un vero governo resta una somma di Paesi fragili, facili da mettere l’uno contro l’altro.
Non è solo Trump: anche Russia e Cina giocano la stessa partita. A loro conviene un’Europa incompleta, in eterna transizione. È comodo trattare con 27 governi diversi, ciascuno con i propri interessi da difendere. Più siamo divisi, più siamo deboli. Un principio vecchio come il mondo: divide et impera. E se guardiamo in casa nostra, l’Italia è l’esempio perfetto. Non abbiamo mai superato del tutto l’Italia dei Comuni: orgogli di campanile, rivalità infinite, frammentazioni che ci rendono ricchi di storia ma poveri di visione comune. È la stessa malattia che rallenta l’Europa: la paura di diventare davvero un’unica nazione. Ma la verità è che un’identità europea esiste già, almeno in potenza.
Erasmus, viaggi senza frontiere, giovani che vivono tra Berlino e Barcellona con la stessa naturalezza con cui i loro nonni si spostavano tra paesi confinanti. Abbiamo un euro, un mercato unico, leggi comuni. Eppure manca l’essenziale: un governo federale, un presidente eletto da tutti i cittadini, una difesa unica, un bilancio capace di investire su scuola, innovazione, ricerca, ambiente. I grandi attori globali questo lo sanno bene. Se non possiamo rispondere con una voce sola, continueremo a subire dazi, ricatti energetici, guerre commerciali, ingerenze politiche. Non è un complotto: è realismo geopolitico. Di chi è la colpa? In parte nostra.
Troppo comodo lamentarsi di Bruxelles quando le cose non funzionano, ma pretendere “sovranità” quando si tratta di fare davvero l’Europa. Peccato che la sovranità, da soli, non ce l’abbiamo più da tempo. Se non uniamo la forza industriale della Germania, la creatività italiana, la diplomazia francese, l’innovazione nordica, resteremo spettatori, mentre USA, Russia e Cina scrivono le regole del gioco. Serve coraggio. Servono leader disposti a cedere sovranità per guadagnare potere vero. Servono cittadini pronti a sentirsi europei prima che solo italiani, francesi, spagnoli. Perché o diventiamo un popolo, o restiamo una collezione di dogane invisibili e parlamenti paralizzati. I padri fondatori dell’Europa lo sapevano bene: uniti si vince, divisi si perde. Se vogliamo che i nostri figli smettano di vivere in un’Europa colonizzata da interessi esterni, l’unica via è completare l’opera incompiuta. Non è un sogno romantico: è una necessità pratica. Finché resteremo l’Europa dei Comuni, resteremo ostaggi. È ora di diventare cittadini di un’unica nazione: l’Europa.
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