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l'opinione
01 Agosto 2025 - 10:21
Le ultime rilevazioni Istat sull'occupazione confermano una tendenza positiva per il Mezzogiorno. Nel 2024 in Italia gli occupati sono aumentati dell'1,6%, ma nel Sud l'incremento è stato del 2,2%. Un andamento che da qualche anno sta riducendo il grande divario tuttora esistente nei confronti del CentroNord. È confortante anche il risultato del Pil, cresciuto nel Mezzogiorno dello 0,9% al pari del Nord Ovest e del Centro, mentre il Nord Est si è fermato a +0,2%. Il rilancio dell’economia nazionale riscontrato nella fase postcovid sembra peraltro aver esaurito gran parte della sua spinta propulsiva. Lo stesso differenziale tra aumento del Pil (la media nazionale è stata dello 0,7%) e occupazione indica probabilmente una frenata nella produttività del lavoro, una delle criticità maggiori che pesa sulla competitività del sistema Italia.
Resta il fatto che il tasso di occupazione del Sud finalmente tende a risalire. Il settore che nel Sud fa registrare l'aumento percentuale maggiore di occupati è l'edilizia, in cui il valore aggiunto rispetto al 2023 si è elevato del 4,2%, a fronte di appena l’1,2% nazionale. Il dato del Sud è ‘drogato’ dal concorso di fattori difficilmente ripetibili, come il Pnrr, la cui spesa per opere pubbliche nel Meridione dovrebbe essere pari a più del 50% di quella complessiva italiana. La scommessa per il Sud, dunque, è di sfruttare la prolungata congiuntura favorevole per creare condizioni, grazie alla diminuzione del gap infrastrutturale, per assicurare al territorio uno sviluppo duraturo anche per gli anni a venire.
Sotto questo profilo non possono non destare preoccupazione gli esiti di un'altra indagine, un rapporto Censis-Unioncamere, che evidenzia come i laureati nelle Università del Nord abbiano quasi il doppio delle probabilità di trovare lavoro rispetto a chi si laurea nel Sud. Non si tratta, evidentemente, della qualificazione dei neolaureati, non è in questione la differenza nella formazione ricevuta. Il problema vero sta nella difficoltà del tessuto produttivo meridionale di assorbire in misura adeguata i nuovi talenti. Bisogna superare questi squilibri, perché lo sviluppo del Sud richiede profili professionali elevati in grado di governare una innovazione tecnologica straripante. Negli ultimi anni nel Mezzogiorno, a cominciare dall’area napoletana, sono nati poli dell’alta formazione digitale. È fondamentale che chi si forma in questi centri all’avanguardia possa restare a lavorare nell’area.
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