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L’inverno del nostro scontento e i suoi riflessi sulla natalità

Il calo demografico minaccia inevitabilmente il sistema previdenziale

L’inverno del nostro scontento e i suoi riflessi sulla natalità

L’incertezza regna sovrana e il nostro inverno demografico si fa, mese dopo mese, sempre più allarmante. L’Istat offre i dati di un’aritmetica difficile. Nei primi 5 mesi dell’ anno le nascite in Italia sono crollate: 137.045 con un calo, relativamente allo stesso periodo del 2024, ntorno all’ 8%. Ci avviamo verso un nuovo minimo storico. Va avanti così dal 2008, nella sostanziale indifferenza dell’opinione pubblica e degli stessi media. Con le istituzioni che, nel frattempo, annunciano provvedimenti sempre più morbidi.

È una storia che accompagna il Paese da decenni e per la quale, da tempo, agli annunci seguono le briciole. Ma cosa si può fare? L’album degli interventi è, tradizionalmente chiaro. Combattere l’infertilità, modernizzare il congedo parentale, incentivare gli asili nido pubblici e, come in Cina, magari un bonus annuale di sostegno a tutte le famiglie con figli fino a tre anni. Insomma, interventi, agevolazioni, leve di sostegno per rendere meno difficile il futuro di tanti genitori. Ma ci sono altri temi che tengono banco.

Il calo demografico minaccia inevitabilmente il sistema previdenziale tanto italiano, quanto di molti paesi europei e l’Istat, sempre puntuale, ha provato, alla luce dei numeri, a disegnare uno scenario prossimo venturo, partendo dal 2024 per arrivare fino al 2080. Come sarà il fondale di quell’Italia di fine secolo? In questi prossimi 55 anni dovremmo avere poco più di 20 milioni di nascite, 43,7 milioni di decessi, 18 milioni di immigrati dall’estero, 8 milioni di emigrati. Si invecchia di più, certo, ma la popolazione è destinata a diminuire (59 milioni oggi, 54,7 nel 2050 ).

Ed infine anche il tasso di fecondità (individuato tra le donne dai 15 ai 49 anni) è destinato a scendere (11,5 milioni nel 2024, fino a 9,3 nel 2050 per poi ridursi ancora a 7,4 milioni nel 2080 ). Insomma, come suggerirebbe magistralmente Shakespeare, è l’inverno del nostro scontento, una stasi demografica fatalmente condizionata da chi si confronta con il difficile, enigmatico presente di un Paese controverso.

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