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l'analisi
09 Agosto 2025 - 10:18
Donald Trump
L’atmosfera politica di Washington continua a essere caratterizzata da una continua effervescenza, specialmente per quanto concerne le relazioni economiche internazionali. Le recenti pressioni esercitate sui bilanci europei e della Nato hanno creato le condizioni per una possibile contropartita: l'implementazione di misure economiche ancora più drastiche nei confronti della Russia. Il limite massimo di dieci giorni dato a Putin dal presidente Trump per raggiungere un cessate il fuoco in Ucraina rappresenta solo la punta dell'iceberg di una strategia più ampia che potrebbe prevederel'imposizione di dazi del 100% su qualsiasi nazione che continui a mantenere rapporti commerciali con Mosca.
Una iniziativa del genere rappresenta un punto di svolta significativo, poiché per la prima volta verrebbero colpiti duramente attori economici e politici non direttamente coinvolti nel conflitto ucraino. Tra questi figurano molti stati membri dei Brics competitors globali degli Stati Uniti altri stati potenziali alleati degli Usa e persinoqualche stato membro dell'Unione Europea. I principali paesi importatori di materie prime russe includono Cina, India e Turchia, mentre,in settori specifici come il combustibile nucleare, paesi dell'Unione Europea quali Slovacchia, Ungheria e Francia mantengono quote di mercato significative.
È evidente, dunque, la complessità del tessuto commerciale globale e sono chiare le potenziali graviripercussioni a seguito di misure così drastiche. Di fronte a queste sanzionicosiddette “secondarie”, i partners commerciali della Russia si troverebbero davanti a due opzioni fondamentali. La prima consisterebbe nell'abbandonare le importazioni russe, ricercando fornitori alternativi per evitare le penalità tariffarie sulle loro esportazioni verso gli Stati Uniti. La seconda potrebbe prevedere la continuazione del commercio con Mosca, accettando il rischio delle conseguenti sanzioni economiche. L'ipotesi di un incremento dei traffici illegali su larga scala per aggirare l’ostacolo appare, invece, difficilissima da praticare,considerando le enormi quantità di petrolio coinvolte e le difficoltà logistiche nel nasconderne il trasporto con un ulteriore incremento della già cospicua flotta “fantasma”attualmente operante.
Qualora i partners commerciali della Russia decidessero di evitare i dazi secondari rivolgendosi ad altri fornitori, la conseguenza economica più immediata sarebbe un drammatico sconvolgimento dei mercati petroliferi globali. La Russia, trovandosi con limitate opzioni di vendita, subirebbe una contrazione forzata dellapropria produzione globale di petrolio. Sebbene questa prospettiva possa apparire auspicabile ai sostenitori occidentali delle politiche sanzionatorie, l'effetto potrebbe rivelarsi controproducente per tutti gli attori coinvolti perché idazi secondari indurrebbero i paesi coinvolti a evitare il petrolio russo, abbassandonecosì ulteriormente il prezzo, mentre le previsioni di una sua esclusione dai mercati potrebbero far impennare il prezzo del petrolio proveniente dagli altri paesi.
Il calo del prezzo del proprio petrolio costituirebbe un durissimo colpo per l'economia bellica russa, poiché le entrate fiscali derivanti da petrolio e gas si muovono in parallelo con tale prezzo e rappresentano quasi la metà del bilancio federale russo. Tuttavia, questo danno alla Russia potrebbe trasformarsi in un problemaanche per gli altri attori internazionali a causa dell’inevitabile contemporaneo aumento del costo di tutte lealtre forniture di petrolio chedeterminerebbe un rischio potenziale di recessione non solo negli Stati Uniti, ma anche in molte altre economie mondiali. Invece, nel secondo scenario che abbiamo ipotizzato, qualora i partners commerciali della Russia ignorassero la minaccia dei dazi secondari continuando a importare energia russa, si creerebbe un'immediata frattura nell'attività commerciale globale e si verificherebbe un aumento dei costi di molte altre merci, comprimendo il potere d'acquisto dei consumatori statunitensi e destabilizzando i mercati finanziari. I dazi secondari, anche se mirati alla Russia, rischierebbero, insomma, di riaccendere la guerra commerciale con Pechino e danneggiare l'economia asiatica, quellaeuropea e quella americana.
Per questo motivo la Russia non ha risposto con particolare incisività dialettica alle ipotetiche minacce americane, consapevole della non facile realizzazione di una forma di pressione basata sulla possibile imposizione di questo tipo di dazi. E’ vero, inoltre, che la tattica di minacciare per trattareche sta caratterizzando l’approccio diplomatico americano può funzionare con attori più deboli o privi di visione politica e geostrategica, come è la stessa Unione Europea, per esempio, mentre con altri “players” potrebbe innescare un effetto boomerang diplomatico, facendo perdere potere contrattuale agli Stati Uniti.
La globalizzazione ha creato, insomma, un tessuto di interdipendenze così complesso che qualsiasi tentativo di isolare economicamente, a tutti i costi,un attore importante rischia di produrre conseguenze imprevedibili per l'intera economia mondiale. Ed è proprio in questi contesti che la diplomazia dovrebbe giocare davvero la sua migliore partita a scacchi, facendo leva sull’interesse generale da salvaguardare in termini di equilibrio delle singole posizioni e di tutelainternazionale complessiva. Dovrebbe, ma il condizionale è d’obbligo, soprattutto in momenti come questi.
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