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Napoli svuotata: la fuga dei giovani che impoverisce il futuro della città

La politica continua a vantare nuovi posti di lavoro, ma se questi restano precari e sottopagati non fermeranno la fuga dei talenti

Napoli svuotata: la fuga dei giovani che impoverisce il futuro della città

Negli ultimi anni la fuga da Napoli e dal Mezzogiorno si conferma non un’emergenza episodica ma un processo strutturale che sta svuotando la città di energie, risorse e futuro. L’ultimo report Istat segnala che nel biennio 2023-24 sono stati 241.000 i residenti che hanno lasciato il Sud per il Centro -Nord, a fronte di soli 125.000 movimenti nella direzione opposta: un saldo negativo di 116.000 persone in appena due anni. Nel decennio 2014-2023 l’emorragia è stata ancora più evidente, con circa 1,15 milioni di residenti persi dal Mezzogiorno a vantaggio del Nord.

Solo la Campania nel 2023 ha registrato un saldo migratorio interno di circa -21.000 unità, con Napoli tra le aree più colpite. Non parliamo più della migrazione di un tempo, fatta di operai e insegnanti, ma di giovani e giovanissimi: oggi un emigrato su tre ha tra i 25 e i 34 anni e quasi la metà è laureato. Secondo la Svimez, in dieci anni circa 200.000 laureati del Sud hanno scelto il Nord e altri 138.000 l’estero. È un drenaggio di capitale umano che priva Napoli delle sue risorse migliori e impoverisce la città sul piano sociale ed economico.

Il fenomeno è aggravato dalla mobilità studentesca: nell’anno accademico 2023/24 gli immatricolati negli atenei del Centro-Nord sono stati 219.000, più del doppio dei 92.000 del Sud. Dietro questi numeri ci sono miliardi di euro che ogni anno le famiglie meridionali spendono in tasse universitarie, affitti e consumi nelle città universitarie settentrionali, contribuendo alla loro ricchezza e togliendo risorse all’economia locale. A Milano, Torino, Bologna e Firenze non arrivano solo studenti, ma anche famiglie che seguono i figli, trasferendo stabilmente i loro consumi e i loro patrimoni. Sul fronte del lavoro i dati mostrano una crescita apparente ma fragile.

Secondo l’Inps, nel quinquennio marzo 2019-marzo 2024 il saldo netto dei rapporti a tempo indeterminato in Italia è stato di +1,4 milioni, di cui circa +395.000 nel Mezzogiorno. Un segnale positivo che però non basta a colmare il divario: nel Sud più di un quinto dei lavoratori è ancora intrappolato in contratti a termine, una quota ben superiore alla media nazionale ed europea, mentre i salari restano più bassi e le possibilità di carriera più limitate. È proprio questa forbice di opportunità a spingere i giovani napoletani a partire: non l’avventura, ma la necessità di costruire un futuro che qui non vedono possibile. Le conseguenze per Napoli sono immediate: la popolazione invecchia, il patrimonio immobiliare perde valore, i servizi pubblici si impoveriscono di domanda e risorse, e la città rischia di diventare sempre più una “città dormitorio”.

La politica continua a vantare nuovi posti di lavoro, ma se questi restano precari e sottopagati non fermeranno la fuga dei talenti. Senza un piano serio per la formazione, la ricerca, le infrastrutture, l’industria, i servizi e l’abitare, Napoli non potrà trattenere i suoi giovani né attrarne di nuovi. La sfida è di civiltà: trasformare la fuga in scelta di restare, restituire dignità al lavoro e futuro a una città che non può permettersi di perdere le sue migliori energie mentre il Nord incassa competenze, consumi e prospettive

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