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27 Novembre 2025 - 14:39
Il mondo dell’artigianato italiano è a un bivio. Dopo anni di attese, rinvii e riforme incompiute, Casartigiani rimette in moto la spinta che può ridisegnare il futuro di un settore che vale 1,5 milioni di imprese e oltre 3 milioni di addetti. L’obiettivo è chiaro: aprire una nuova stagione normativa che permetta agli artigiani di crescere senza perdere identità, proteggere l’accesso al credito e alleggerire i costi che strangolano le botteghe.
«È il momento di superare una rigidità che penalizza la crescita» afferma Fabrizio Luongo, segretario di Casartigiani Napoli, che negli ultimi mesi ha intensificato interlocuzioni istituzionali anche con il Console della Repubblica Federale di Germania per il Sud Italia, Stefano Ducceschi. «Oggi, superare la soglia dei 12 o 13 dipendenti significa non essere più considerati artigiani. È una visione che non regge. In Francia e Germania le imprese artigiane arrivano a 80 o 100 addetti mantenendo intatta la loro natura. L’Italia deve recuperare terreno e consentire alle imprese di crescere senza rinunciare alla qualità e alla produzione non seriale».
Secondo il Centro studi di Casartigiani Napoli, portare la soglia a 49 dipendenti non aprirebbe scorciatoie, ma colmerebbe un gap competitivo che oggi penalizza le microimprese. Un innalzamento del limite permetterebbe infatti di partecipare ai grandi appalti pubblici, entrare stabilmente nelle filiere internazionali e raggiungere economie di scala ormai indispensabili.
Il cuore della proposta resta però intatto: l’artigiano deve rimanere al centro del processo produttivo. «Non immaginiamo fabbriche in serie né scorciatoie industriali» chiarisce Luongo. «L’imprenditore artigiano deve continuare a mettere le mani nel suo lavoro. Ma non può essere costretto a fermarsi per paura di perdere lo status». Anche la normativa attuale mostra già una realtà più flessibile di quanto si immagini: alcuni contratti dell’artigianato vengono applicati fino a 50 addetti o, in certi casi, ben oltre. «I fatti dimostrano che la differenza non è nel numero degli addetti, ma nella filosofia produttiva».
L’altra questione decisiva riguarda la nuova Artigiancassa pubblica, oggi guidata dal Mediocredito Centrale, che il mondo dell’artigianato vede come una leva imprescindibile per rilanciare gli investimenti. «Nel 2025 il credito per le imprese artigiane è calato del 5 per cento a livello nazionale e ha sfiorato il 7,2 per cento nel Mezzogiorno» spiega Luongo. «Tornare a un istituto pubblico dedicato significa restituire fiducia, competenze e strumenti a un comparto che genera 110 miliardi di fatturato e resta uno dei pilastri del Made in Italy».
Sul tavolo c’è anche la questione energia, diventata per molte realtà artigiane un macigno. Nel 2025 la bolletta ha inciso fino al 22 per cento sui costi vivi. «Un laboratorio paga in proporzione più di una grande industria» osserva Luongo, che è anche vicepresidente della Camera di Commercio di Napoli. «Serve una svolta strutturale sugli oneri, perché i bonus una tantum non bastano più».
Casartigiani rilancia infine un tema che segue da anni: riconoscere come artigiane anche le Srl che rispettano i requisiti di legge e incentivare reti, consorzi e collaborazioni. «Piccolo non è più bello per definizione» conclude Luongo. «Le imprese possono crescere insieme, senza perdere l’anima. È così che l’artigianato entra nei mercati globali e nelle filiere strategiche del Paese. La legge annuale sulle Pmi deve recepire questa evoluzione, così come la nuova Regione Campania guidata da Roberto Fico dovrà varare una legge quadro in linea con l’aggiornamento nazionale della storica 443 del 1985. Il cambiamento si può subire o governare. Le imprese artigiane hanno scelto la seconda strada».
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