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05 Luglio 2017 - 17:34
In centinaia hanno contattato il reparto dove Charlie è ancora ricoverato: una manifestazione di affetto e vicinanza al bimbo e alla sua famiglia che tuttavia si è trasformata in breve tempo in una quantità di chiamate e mail eccessiva per poter essere gestita dal personale del nosocomio
Una storia troppo triste e difficile per non farsi delle domande. Ma a chi chiedere notizie sul piccolo Charlie Gard? In tanti, almeno in Inghilterra, hanno deciso di prendere in mano il telefono e domandare direttamente alla fonte, il Great Ormond Street Hospital che ha in cura il bimbo malato terminale e che per primo ha preso la dolorosa decisione di staccare i macchinari che lo tengono in vita. Ed è così che in centinaia hanno contattato il reparto dove Charlie è ancora ricoverato: una manifestazione di affetto e vicinanza al bimbo e alla sua famiglia che tuttavia si è trasformata in breve tempo in una quantità di chiamate e mail eccessiva per poter essere gestita dal personale del nosocomio.
Per questo, nel tentativo di spiegare a più persone possibili i dettagli del caso che sta facendo il giro del mondo, l'ospedale ha deciso di compilare un elenco di domande frequenti e relative risposte e di pubblicarlo sul suo sito internet. Delle vere e proprie FAQ studiate per non violare la privacy del piccolo e della sua famiglia, basate su informazioni già di pubblico dominio e il più possibile precise e inerenti ai fatti.
Un quadro tremendo, che tuttavia non finisce qui: «La retina di Charlie - si legge ancora - stenta a svilupparsi e le sue onde cerebrali suggeriscono che non sarà mai in grado di stabilire normali schemi visivi che dovrebbero invece essere appresi in età precoce».
There is no cure for Charlie's condition. Non c'è cura per la malattia di Charlie, che è in fase terminale. L'ospedale spiega quindi i passi fatti nel tentativo di salvare la vita al piccolo, le diverse terapie al quale è stato sottoposto e sottolinea come il trattamento sperimentale negli Usa che i genitori del bimbo avrebbero voluto provare come ultima spiaggia «non è una cura e non avrebbe migliorato la qualità della vita di Charlie».
Come si è arrivati alla decisione di spegnere le macchine? La domanda più difficile alla quale rispondere per il GOSH, che spiega come ogni tipo di trattamento non avrebbe migliorato la condizione del bimbo in alcun modo a causa del danno cerebrale a livello cellulare irreversibile, e che - nel solo interesse del bambino, così come ribadito dalla Corte europea nell'ultimo verdetto - lo staff di esperti dell'ospedale ha ritenuto opportuno non continuare oltre sospendendo la ventilazione assistita al piccolo e preferendo cure palliative a trattamenti sperimentali, purtroppo inutili.
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