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Quando il potere si perpetua dietro le quinte della Storia

Il Medio Oriente è diventato il teatro di una partita dalle mosse sempre più rapide e imprevedibili

Quando il potere si perpetua dietro le quinte della Storia

L’interventismo americano nel conflitto mediorientale ha segnato una svolta epocale. Dopo dieci giorni di bombardamenti israeliani l'amministrazione Trump ha deciso di colpire direttamente gli impianti nucleari iraniani nel tentativo di cambiare radicalmente gli equilibri della regione. Ma questa mossa, apparentemente decisiva, rappresenta davvero la soluzione finale o piuttosto èl'inizio di una nuova fase dell’eterna partita sullo scacchiere geopolitico mondiale? Dal fatidico 7 ottobre 2023, quando Hamas lanciò il suo attacco feroce contro Israele, il Medio Oriente è diventato il teatro di una partita dalle mosse sempre più rapide e imprevedibili. La guerra di Gaza ha rappresentato solo la punta dell'iceberg di una trasformazione più profonda.

Il vero cambiamento si sta consumando, ora, nei corridoi del potere iraniano. I Pasdaran, le Guardie della Rivoluzione che dal 1979 incarnano la fedeltà assoluta alla “Guida Suprema”, stanno attraversando una fase di trasformazione interna. La componente più giovane di questa forza militare cresciuta all’ombra della teocrazia di Khomeini e Khamenei è destinata a prendere, prima o poi, il controllo del Paese. Non si tratterà, ovviamente, di un ritorno al passato monarchico, ma di un'evoluzione verso un sistema che permetta all'Iran di reinserirsi nel consesso internazionale senza perdere completamente la propria identità. Questo scenario di cambiamento interno iraniano si inserisce perfettamente nel disegno geopolitico più ampio che, con il placet di Mosca, vede la Turchia di Erdogan protagonista di una rinascita neo ottomana.

Il presidente turco, forte del sostegno russo e nonostante i proclami di facciata, sta estendendo la propria influenza su vaste porzioni di territorio siriano e iracheno. La caduta del regime di Assad e l'instabilità regionale hanno offerto ad Ankara l'opportunità di realizzare il grande sogno del controllo sostanziale su antiche terre del defunto impero ottomano. Nel frattempo, Israele procede sistematicamente verso l'occupazione definitiva di Gaza, con piani già approvati dal “gabinetto di sicurezza” per il controllo totale del territorio palestinese.

La strategia israeliana non si ferma alla Striscia, ma punta al controllo completo anche della Cisgiordania, approfittando della debolezza assoluta dell'Autorità Nazionale Palestinese. I Paesi della penisola arabica osservano questi sviluppi con un misto dipreoccupazione e sollievo, vedendo nella possibile normalizzazione delle relazioni con Israele, attraverso gli Accordi di Abramo, anche una via d'uscita dalle loro antiche rivalità, perché, alla fine, “gli affari sono affari”. La Cina, dal canto suo, mantiene la propria strategia pragmatica, preparandosi a fare affari con chiunque emerga vincitore dalla crisi iraniana. Pechino ha dimostrato di saper navigare le acque turbolente della geopolitica mediorientale senza compromettere i propri interessi economici a lungo termine.

Il dragone cinese continuerà a rafforzare la propria alleanza strategica con il Pakistan, utilizzandolo come contrappeso all'ascesa dell'India nell'arena geopolitica globale. Gli Houthi dello Yemen, che hanno terrorizzato il commercio internazionale che naviga attraverso lo stretto di Bab al-Mandab, saranno di conseguenza costretti a più miti consigli. Nessuna potenza mondiale può permettersi, infatti, di lasciare nelle mani di un gruppo con quelle caratteristiche il controllo di una delle rotte commerciali più strategiche del pianeta. La pressione internazionale, unita agli sviluppi regionali, porterà inevitabilmente a una riduzione della loro influenza sui traffici marittimi. Gli ultimi eventi si stanno svolgendo ora sotto la regia apparente di Washington, ma in realtà coinvolgono, in un modo o nell’altro, le responsabilità e i “placet” diretti e indiretti di tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, interessati esclusivamente alla tutela dei propri interessi mediante il rafforzamento, attraverso opportune modifiche, degli assetti geopolitici, mentre le Nazioni Unite, ancora una volta, dimostrano la propria sostanziale inefficacia come organismo super partes.

L'era moderna dei conflitti ha poiintrodotto una nuova prassi: prima degli attacchi di rilievo, le parti si avvisano reciprocamente attraverso canali diplomatici, trasformando la guerra in una sorta di spettacolo orchestrato. E questo la dice lunga su tutto. Il nuovo ordine mondiale che sta emergendo da questo caos apparente seguirà la logica del "tutto cambia perché nulla cambi". Le élite globali stanno ridisegnando gli equilibri di potere mantenendo intatti i meccanismi di controllo, mentre i popoli assistono a una trasformazione che, in superficie, sembra sconvolgente, ma nei fatti preserva e garantisce le strutture di dominio esistenti. La vera partita non si gioca sui campi di battaglia, ma, ancora una volta,nei consigli di amministrazionedelle multinazionali, nei corridoi delle cancellerie e nelle stanze dove si decidono i destini delle valute e dei mercati. In questo scenario, ogni mossa apparentemente spontanea rivela, a uno sguardo più attento, la logica implacabile di un sistema che si perpetua cambiando volto.

La Storia ci insegna che le rivoluzioni più durature sono quelle che sanno mascherarsi di continuità, e il “grande gioco” del nuovo millennio non fa eccezione. Mentre le telecamere si concentrano sui bombardamenti e le dichiarazioni di guerra, il vero potere si sta già riorganizzando per il mondo che verrà, un mondo dove le mutate apparenze nasconderanno le stesse logiche di sempre. E noi, spettatori inconsapevoli di questa rappresentazione, continueremo a credere che qualcosa sia davvero cambiato.

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