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l'analisi

Ucraina in piazza, stanca di corruzione e di guerra

Le radici del conflitto affondano nel 1990, quando Gorbaciov sciolse il Patto di Varsavia

Ucraina, l'annuncio di Zelensky: «Avviati colloqui per possibile incontro con Putin»

Volodymyr Zelensky

I primi filmati e corrispondenze trasmessi dai mass media occidentali delle proteste popolari contro la corruzione del regime di Volodymyr Zelensky aprono uno spiraglio di luce nella rete dell’informazione a senso unico che da tre anni subiamo. E impediscono ai governi europei di continuare a fingere di non sapere. Ieri Zelensky è stato costretto a ripristinare i due enti anti corruzione (Sapo e Nabu). Le proteste svelano il vero volto di colui che impersonifica la tragedia dell’Ucraina dall’indomani del tanto presumibile – quanto maldestro attacco ordinato dal presidente della Federazione russa, Vladimir Putin. Presumibile, per l’avanzata ostile e progressiva della Nato, giunta “ad abbaiare all’uscio della Russia”, come disse Papa Bergoglio. Maldestro, per il modo col quale venne calcolato, pianificato ed attuato. Zelensky, un mediocre attore eletto presidente avendo promesso la pace nelle regioni russofone ucraine e con Mosca e che, invece, si è rivelato un dittatore catastrofico per l’Ucraina e nocivo per l’intero Vecchio Continente.

Vladimir Putin, un esponente dei servizi segreti (rappresentavano l’estrema difesa dell’integrità dello Stato, come avrebbe dovuto esserlo Jurij Andropov per l’Urss) ma braccio destro del leader riformista Anatoli Sobchak e scelto da Boris Eltsin a succedergli per rafforzare la svolta democratica e proteggere la Russia dalla disintegrazione. Putin gode di un sostegno ancora forte nella popolazione perché difende un impero multietnico e multinazionale che attira timori e soprattutto appetiti per le sue ambìte ricchezze minerarie ed energetiche ma accentra ormai un potere dal carattere autoritario, la sua “guerra patriottica” sfocia in un neo-nazionalismo testimoniato dal centinaio di statue di Stalin reinstallate: troppe per la giustificazione che la storia non si cancella. Quasi avesse risentito della necessità di riscoprire legami con regimi centralizzati e dittatoriali (Cina, Corea del Nord, Iran) e ne fosse rimasto influenzato…

Le immagini che mi trasmette la guerra in Ucraina sono: 1) La distruzione del gasdotto North Stream che colpisce la Germania ‘colpevole’ di nutrire la sua industria con l’energia a buon prezzo fornita dalla Russia e divenuto l’unico Paese con una bilancia commerciale in attivo poi in pareggio con la Cina. E assieme alla Germania, colpisce l’Europa protesa anch’essa su una nuova Via della Seta verso l’Asia. Quindi, la Germania ‘motore’ dell’Unione europea; la Russia con le sue riserve energetiche e la sua forza nucleare; la Cina, nuova rivale planetaria dell’America, con la sua manifattura, le sue Terre Rare acquisite in giro per il pianeta, il suo enorme potenziale mercato e che accompagna l’espansionismo commerciale con quello strategico. 2) L’altra immagine, quella della Russia respinta e osteggiata dopo essersi faticosamente riunita all’Occidente democratico e liberale. Un ritorno alla “casa comune europea” avvenuto inaspettatamente, a cavallo degli anni Novanta del secolo scorso, a neppure dieci anni dalla massima espansione dell’influenza sovietica (dall’Afghanistan invaso e con due Partiti comunisti, al Nicaragua di Daniel Ortega).

E avvenuto prodigiosamente perché in modo pacifico e al prezzo della rinuncia alle “fasce di sicurezza” costituite dal Patto di Varsavia nell’Europa dell’est e, ai confini asiatici e meridionali, dall’intero Centro Asia costato secoli di guerra e di sangue. Il conflitto in Ucraina ha segnato il completamento del progressivo respingimento dal Vecchio Continente della nuova Federazione russa, che offriva all’Europa garanzia di forniture energetiche a buon prezzo e prospettive di sicurezza perché superpotenza nucleare.

Una tesi parecchio accreditata è che il timore che le sponde dell’Atlantico potessero allontanarsi si sia sommato al progetto di smembramento dell’impero russo nutrito dai cosiddetti intellettuali “neo-conservatori”, i quali hanno influenzato le amministrazioni Usa successive a quella di George Bush senior: da Bill Clinton a Bush jr, a Barak Obama e a Joe Biden... Vedremo Trump e i suoi altalenanti ultimatum. Una Russia ch’era stata lasciata sola a rifondare le istituzioni (le prime democratiche della sua storia), le strutture dello Stato, le infrastrutture dell’immensa Federazione; sola a combattere le forze separatiste; ingannata sull’adesione, sui confini e sul ruolo e della Nato; scacciata dalla “casa comune europea”; infine gettata nelle braccia di una Cina dallo sviluppato impressionante grazie a una globalizzazione su misura che a torto si presumeva potesse democratizzarla, dimèntichi d‘essere impero millenario etnicamente coeso (etnìa Han) e tenuto ferreamente unito dal centralismo del potere.

Le cause principali del conflitto in Ucraina sono pertanto sintetizzabili: 1) Il timore di Washington per le crescenti nella scia della Germania relazioni commerciali tra i Paesi europei con la Cina e con la stessa Russia fornitrice di energia (significativa la politica del cancelliere Gerhard Schroeder). 2) E iI timore di Mosca per l’allargamento ostile della Nato fino ai confini della Russia attraverso il potenziale inglobamento dell’Ucraina, la cui neutralità è strategicamente irrinunciabile (Ucraina, Bielorussia e Federazione russa costituiscono l’area primaria nella quale s’è diramata la originaria Rus’ di Kiev). Lenin creò la repubblica dell’Ucraina nell’Urss, come sostiene Putin non del tutto a ragione. I leader di Russia, Ucraina e Bielorussa decisero lo scioglimento dell’Urss nel 1991, quando a Mosca sfilavano giovani russi e ucraini assieme, inalberando striscioni con la scritta: “La lunga marcia di settant’anni verso il nulla”.

Le radici del conflitto in Ucraina affondano nel 1990, quando Mikhail Gorbaciov sciolse il Patto di Varsavia sulla base della promessa, non mantenuta, che la Nato non avrebbe oltrepassato i confini della Germania. Le adesioni sono divenute 33, ma quella avanzata dalla Russia di Eltsin si risolse in consultazioni sulla sicurezza comune. Adesioni iniziate con Clinton, che fece bombardare la Serbia, storica alleata della Russia. Poi ci fu l’ ‘ingiustificato’ bombardamento Nato dell’Iraq filorusso di Saddam Hussein, nonostante il sostegno dato dal Cremlino all’invasione Usa dell’Afghanistan dopo l’attacco alle Due Torri. Poi, nel 2008, Mosca ritenne insidiati dall’Occidente i confini e gli interessi russi nel Caucaso, già contagiato dal terrorismo islamista, e intervenne militarmente in una Georgia eterno teatro di lotte intestine.

Circa tre anni dopo era la volta della Libia, dall’Occidente ‘liberata’ da Gheddafi, smembrata e abbandonata a personaggi assai peggiori. A cavallo del 2014 fu la volta dell’Ucraina: la rivolta detta dell’(Euro)Maidan orchestrata dall’amministrazione Obama (2009-2017) contro il presidente ucraino democraticamente eletto, Viktor Yanukovich, espressione anche dell’elettorato delle regioni russofone e preoccupato che l’adesione all’Unione europea – in quel momento e modo -spalancasse le porte all’Alleanza Atlantica e alla reazione di Mosca. E, infatti, ecco la conseguente occupazione russa della Crimea a protezione della base di Sebastopoli e del controllo del mar d’Azov e delle rotte del mar Nero verso il Mediterraneo e gli oceani Indiano ed Atlantico.

A seguire, la repressione sanguinosa nelle regioni russofone dell’Ucraina, il tradimento degli Accordi di Minsk (poi riconosciuto dalla stessa Angela Merkel), le leggi vieppiù liberticide verso la minoranza russofona (persino per lingua e per religione) e poi verso l’intera popolazione (rinvio di elezioni, legge marziale e mobilitazione generale, repressione dell’opposizione e addirittura del dissenso).

Il Cremlino contesta l’appoggio acritico al regime di Kiev, le forniture militari ed economiche dell’amministrazione Biden e della gran maggioranza dei Paesi europei, accompagnate dal congelamento di circa 300 miliardi di euro russi depositati in Occidente e da 18 ‘pacchetti’ – finora di sanzioni durissime. E recentemente l’ ‘estromissione’ dalla Siria, dove aveva la più importante base marittima del Mediterraneo, e dove aveva impedito che il Paese cadesse dalla ‘padella’ degli Assad (che però proteggevano le minoranze) nella brace del terrorismo islamista sunnita, cioè dell’Isis.

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