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Cuba al collasso tra blackout e razionamento. Voci sulla morte di Raul Castro

La sua uscita definitiva di scena avrebbe un impatto forte su un Paese stremato

Cuba al collasso tra blackout e razionamento. Voci sulla morte di Raul Castro

Raúl Castro è morto? La voce corre da giorni di bocca in bocca a Cuba, e qualcuno se lo chiede anche via Whatsapp. Sabato scorso a L’Avana Plaza de la Revolución, la piazza delle grandi adunate di regime, è stata chiusa senza spiegazioni e nei giorni precedenti a Santiago di Cuba, nel cimitero di Santa Ifigenia dove è sepolto Fidel Castro, sono stati segnalati lavori non precisati.

Sono i preparativi per i funerali di Stato? Ufficialmente senza incarichi dal 2021 - quando si è dimesso da segretario generale del partito comunista per fare posto a Miguel Díaz-Canel - il fratello di Fidel resta influente sulla nomenklatura del PCC e resta il simbolo della dittatura.

La sua uscita definitiva di scena avrebbe un impatto forte su un Paese stremato e vicino al collasso, dove l’energia elettrica è disponibile per qualche ora al giorno, l’acqua potabile si paga, la benzina scarseggia e le medicine non si trovano più neanche alla borsa nera.

«Ieri – racconta al ROMA Angela, 52 anni, che vive ad Habana Vieja, centro storico della capitale – siamo rimasti 7 ore senza energia elettrica, la sera alcuni sono usciti in strada battendo le pentole per protesta. Ormai si supera anche la paura».

A Pinar del Rio, Cienfuegos, Camaguey e nell’ ex provincia di Oriente l’elettricità manca anche per 18 ore al giorno. Nel silenzio dei mass-media, i cubani vivono piegati in due da una miseria che neanche la propaganda di regime tenta più di nascondere. Farmaci come l’ idrossiclorochina, utilizzato largamente per le malattie autoimmuni, sono ormai introvabili.

A Miami, dove vivono oltre due milioni di cubani di prima e seconda generazione che con le loro rimesse costituiscono una voce essenziale per l’ economia dell’ isola, 30 compresse si vendono a 60 dollari, un costo insostenibile per i salari cubani, la cui media è inferiore a 20 dollari. La moneta ufficiale, il peso cubano, serve solo per qualche genere di prima necessità. La “libreta” del razionamento è stata ridotta. Come l’ acqua potabile.

«In casa nostra non c’è acqua da 15 giorni – racconta Angela – andiamo a lavarci in altre abitazioni, ma quella da bere la dobbiamo comprare». Per le strade dell’ Avana si vedono cumuli di immondizia non raccolta. Scattare immagini è pericoloso perché viene considerato materiale per la “propaganda controrivoluzionaria” e i detenuti per le proteste di massa dell’ 11-J (11 luglio 2021) sono ancora più di 750 secondo la ONG Prisoners Defenders, su 1200.

Ma il tappo della repressione sembra vicino a saltare. Al dissidente più noto, José Daniel Ferrer, leader di UNPACU (Unione patriottica di Cuba), 12 anni trascorsi in carcere finora, il regime comunista dopo aver cercato di assassinarlo ha offerto l’ esilio. Potrebbe accettarlo, ha fatto sapere la sorella Ana Belkis, ma non alle condizioni che chiedono. Come che sia, l’ opposizione continua a montare nonostante l’ apparato repressivo.

«Nella strada dove abito – ci dice Angela – hanno battuto le pentole per protesta e cinque minuti dopo sono arrivati due motociclisti, che sono rimasti con i motori accesi per diversi minuti, prima di andarsene».

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