Cerca

l'opinione

Ucraina: rischi e illusioni di una guerra senza senso

Putin ha nuovamente puntato il dito sull’“ostacolo europeo”

Ucraina: rischi e illusioni di una guerra senza senso

Volodymyr Zelensky s’affida al Padreterno perché si chiami Donald Trump? E proprio mentre la delegazione dei negoziatori  statunitensi riceve in Florida, ma separatamente, la russa e l’ucraina. “Gli Stati Uniti al momento non ci vogliono nella NATO. Tutto nella nostra vita è ‘per ora’. La situazione potrebbe mutare in futuro”. Come? Semplice: “I politici cambiano, alcuni vivono, altri muoiono”. In Ucraina, e non solo, hanno subito pensato che si riferisse all’inquilino della Casa Bianca, che recentemente ha di nuovo scandito il suo ‘no’ all’adesione.

Le trattative a Miami sono incentrate sui confini dei territori russofoni e sulle garanzie di sicurezza a Kiev. Mosca rivendica l’intero Donbass(Donetsk e Luhansk), anche quel misero 13% di suolo dove i soldati ucraini resistono disperatamente. “Sono stati compiuti progressi, ma resta ancora strada da fare”, ha sottolineato il segretario di Stato Marco Rubio. E alle sue parole, quasi fossero un preludio, è seguita la proposta della Casa Bianca di riunire le tre delegazioni in una “trilaterale” negoziale che anticipi un summit a tre: Zelensky, Vladimir Putin e tra i due Trump.

L’obiettivo non pare dietro l’angolo. Putin ha chiarito che non fermerà i bombardamenti finché Zelensky non farà svolgere le elezioni e non smetterà di colpire petroliere e centri industriali russi. Ma nonostante la repressione da parte del regime di Kiev – sulla quale l’Europa ipocritamente tace, come sulla corruzione – il cerchio di potere ucraino teme le urne, sospettando un monitoraggio internazionale serio. E Zelensky ha replicato che “non tocca a Putin decidere che cosa debba fare la dirigenza ucraina”. L’altro no di Putin concerne la presenza di truppe di Paesi Nato a garantire la sicurezza dell’Ucraina. Contrasterebbe con lo status di Paese neutrale. Ma per il regime di Kiev è il tipo di forza multinazionale che rappresenta l’unica vera garanzia… Insomma, la minaccia russa la mattina è definita trascurabile, perché in quattro anni Mosca neppure è riuscita a riprendersi le porzioni dell’area russofona che annesse, e la sera diventa terribile, e rispuntano studi e valutazioni che voglio l’ex Armata rossa dilagare dall’Ucraina alla Polonia, dal Baltico alla Moldavia e alla Romania… e oltre! 

Il presidente americano vuole stringere i tempi per regolare, se non ancora la pace, un cessate il fuoco e una tregua alla coreana e per dedicarsi di più all’economia, sulla quale si gioca il futuro dell’amministrazione nelle elezioni di mid term del prossimo autunno. Nel suo discorso alla nazione ha dipinto una situazione molto migliorata, rispetto al “disastro” ereditato da Joe Biden, caratterizzato da conflitti sul piano internazionale e da disoccupazione su quello nazionale a causa delle produzioni trasferite all’estero per una globalizzazione a uso e consumo cinese. Ottimismo alle stelle. Le cose, però, almeno migliorate lo sono. La re-industrializzazione è avviata, le invasioni di immigrati illegali negli Usa fortemente ridotte, la lotta al narcotraffico accentuata.  E otto conflitti (a voler esagerare), dal Medio Oriente all’Africa e all’Asia, sono stati condotti sulla via del compromesso, dove più e dove meno sincero e stabile. Dopo Gaza anche in Sirialo scenario è mutato: la collaborazione con il nuovo regime pare si cementifichi nella comune lotta al fondamentalismo e al terrorismo dell’Isis. E le relazioni con la Russia favorirebbero un recupero, almeno parziale, dell’Occidente euro-asiatico all’Occidente euro-atlantico.

Nell’annuale intervista televisiva nella quale si “sottopone” alla nazione, Putin ha nuovamente puntato il dito sull’ “ostacolo europeo” a un componimento della guerra russo-ucraina. I 90 miliardi offerti dall’Ue a Kiev serviranno non solo a protrarre il conflitto ma pure – ha aggiunto con sarcasmo -- all’acquisto di “molti altri cessi d’oro” da parte della cerchia corrotta del potere a Kiev. E sui fondi sovrani russi “sequestrati” a Bruxelles, il presidente russo ha ribadito che ai ricorsi legali potrebbero aggiungersi le ritorsioni.

I fondo sovrani russi sono i ricavati dall’esportazione depositati laddove si sono prodotti. In Europa 185 miliardi di euro sono, come noto, in Belgio sulla piattaforma Euroclear (primo azionista la…banca centrale di Cina); circa 20 miliardi in Francia; di meno in Austria; un’altra ventina di miliardi in sterline in Gran Bretagna (che pare distribuisca parte degli interessi a Kiev). Anche in Giappone Mosca ha in deposito una trentina di miliardi in yen. E Tokyo ha assicurato che restano a disposizione della Federazione russa. Una decina di miliardi in dollari negli Usa, dove non corrono rischi di congelamento. Un po’ d’altri miliardi presumibilmente altrove. Mosca ha fatto né più e né meno di ciò che fanno altri.

Il malloppo in Francia e le ritorsioni promesse dal Cremlino sugli investimenti provenienti dai Paesi europei “colpevoli di furto”, sommati  agli interessi agricoli da difendere dai rischi di un Accordo Mercosurda definire meglio per proteggere i produttori italiani e francesi, hanno associato Roma e Parigi. Al braccio di ferro svoltosi a Bruxelles l’asse franco-tedesco è stato sostituito da quello italo-francese, con il supporto logicamente del Belgio e, indirettamente, di Ungheria e Slovacchia che si sono defilate dal rischio di pagamenti futuri nel caso il Cremlino rifiuterà di pagare i danni di guerra (figuriamoci!). A pagare il prosieguo del conflitto da parte dell’Ucraina, cui aggiungere i costi di  ricostruzione in corso (dopo ogni bombardamento) e quelli futuri (spaventosamente alti), resterebbero i contribuenti europei e non certo i russi. La ricostruzione, quando inizierà, potrebbe essere affare segnatamente di russi e americani. E’ una guerra voluta - come denuncia Trump - da Joe Biden. E dai suoi “maialini europei”, come li definisce sprezzante Putin. Un cambio al vertice del potere russo, come sperano a Bruxelles, potrebbe rivelarsi una illusione. Come quella di una Cina che la globalizzazione avrebbe reso democratica, a dispetto della “lezione di Tienanmen”.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori